Gli aggettivi, più o meno roboanti, per descrivere la carriera politica di Marco Pannella li individuino, in cuor loro, i lettori. Da par mio mi limito a ricordarne il tratto, ai miei occhi, essenziale della sua lunga militanza. Un politico che come pochi altri ha inciso sulle sorti di ciascuno di noi con la sua presenza talvolta ascetica e talvolta abbondante a seconda di digiuni o gozzoviglie. Croce e delizia dell’intera sinistra, Pannella ha rappresentato uno degli aneliti che spesso a sinistra si rimuoveva perché non sempre nelle corde di quella storia politica: l’anelito di un cittadino libero da uno Stato che troppo spesso si faceva reverendo educatore.

Al contrario, i Radicali e Pannella, l’individuo lo ponevano innanzi a tutto e a tutti facendosi portatori di un pensiero libertario che solo in loro (e in una sparuta minoranza socialista) ha trovato casa.

Allora, per ricordare questo uomo fuori dal comune voglio immaginare, lui in forze e la malattia lontana, cosa avrebbe fatto per la volata finale di una delle sue grandi battaglie: la legalizzazione della cannabis. Lo voglio immaginare nelle piazze e nelle televisioni, provocatore visionario, mentre spiega, per l’ennesima volta, che ad un uomo o una donna deve essere riconosciuta, intera, la proprietà del proprio essere fin quando non collide con la proprietà di altri esseri.

E lo voglio ricordare, tramite questo concetto di proprietà di se stessi, perché Pannella, con decenni di anticipo, aveva intuito che tutto ciò che lo Stato vieta si tramuta in sottobosco di cui malaffare e malavita si nutrono.

Accadeva con le mammane ed il loro spaventoso armamentario ed accade oggi con il narcotraffico e la catena di spaccio che pare a tutti, ormai, inarrestabile. Governare un fenomeno significa ammettere anche errori passati e Marco Pannella, rispetto a tali errori, appariva implacabile nel ricordarci come lo Stato italiano, avesse messo del suo, tramite leggi criminogene, per oltraggiare e vilipendere, punire ogni forma di consumo di una sostanza che, in età adulta, è meno dannose di molte altre che si vendono con relativo lucro dello Stato.

Pannella è morto e la politica, senza i radicali, pare ingarbugliata, ancora oggi, in un eterno girotondo in cui il mondo di quelle leggi assurde e nefaste, pare non cascare mai

Pannella in forze avrebbe il boccino in mano. La sua dimensione egoica come tutte le dimensioni dei mattatori, lo farebbero tuonare ancora di libertà e di diritti. La legalizzazione sarebbe terreno di battaglia non solo per gli aridi criteri economici legati alle entrate fiscali ma per i ben più nobili principi liberali e libertari di cui la sua vita è stata la forma più estrema di testimonianza.

Prima o poi gli ottusi repressori di un fenomeno non reprimibile getteranno la spugna. Una legge legalizzerà la cannabis. Alla peggio ce lo dirà l’Europa, volendo ironizzare. Brinderemo quel giorno e alzando i calici ricorderemo chi, oltre 30 anni fa iniziò questa battaglia.

Riposi in pace.

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