Stipendi da dirigenti anche ai non laureati. La Regione Emilia Romagna dà il via a una legge che permette alla giunta di assumere personale con il solo diploma, e retribuirlo con buste paga da piani alti, quindi con cifre che possono essere anche pari a 90 mila euro lordi annui. Un bel balzo in avanti, se si considera che il resto dei dipendenti senza il titolo di studio percepisce meno di un terzo, ossia circa 30mila all’anno. La modifica ha ottenuto il solo sì del Pd e allo stesso tempo ha scatenato la rivolta delle opposizioni, che hanno accusato la maggioranza di voler sistemare esponenti di partito ed ex eletti.

La svolta è contenuta in tre righe di un emendamento alla variazione di bilancio. Nel testo prima si mette nero su bianco il divieto per chi non ha frequentato l’università di avere incarichi gestionali, e quindi di godere della qualifica di dirigente. Il punto contestato si trova appena dopo. Qui si specifica che la retribuzione, nonostante la mancanza della laurea, può essere invece pari a quella di un dirigente. “Il trattamento economico – si legge nell’emendamento – è parametrato, sulla base della attività di diretta collaborazione effettivamente assegnate, agli inquadramenti economici previsti dai contratti collettivi applicati ai dirigenti e al personale regionale”. Questo vale però solo per il personale assunto nelle strutture speciali, quindi negli uffici degli assessorati e nella segreteria della presidenza. Si tratta di incarichi fiduciari e a termine.

Una volta arrivato in aula il provvedimento è stato approvato con il solo sostegno del Pd. Astenuti gli gli alleati di Sel. In trincea tutti gli altri. Silvia Piccinini e Andrea Bertani, entrambi eletti in Regione con il simbolo del Movimento 5 stelle, parlano di emendamento “vergognoso”. Il loro gruppo da tempo sta portando avanti una battaglia proprio sul terreno delle assunzioni dei dirigenti regionali. “Ci troviamo di fronte paradosso che ci saranno delle persone, scelte dalla giunta, che guadagneranno anche 9mila euro al mese, pur avendo un inquadramento e titoli che al massimo gli permetterebbero di avere uno stipendio di 1700 euro”. Lo scopo della maggioranza, sostengono, è quello di poter assumere i vari trombati di partito. E riservare loro un posto in Regione, con uno stipendio di tutto rispetto. “Vogliono garantire un posto al sole, un lauto compenso a quell’esercito di ex sindaci, assessori uscenti e politici di lungo corso non più candidabili”. Una sorta di “contentino”, da concedere eventualmente “a chi nelle prossime elezioni amministrative resterà fuori da scranni e posti di potere”.

Critiche a cui risponde Antonio Mumolo, consigliere del Pd e avvocato esperto proprio in diritto del lavoro. “Non capisco le polemiche – spiega a ilfattoquotidiano.it – quell’articolo è giusto e dice essenzialmente due cose, cioè che un diplomato non può fare il dirigente e che le persone, anche senza laurea, devono avere uno stipendio adeguato alla quantità e alla qualità del lavoro che effettivamente fanno”. Un esempio. “Se io ho un collaboratore di mia fiducia, che tutti giorni svolge mansioni ulteriori rispetto a quelle normali previste dal suo inquadramento, ha diritto a prendere qualcosa in più. Magari lavora anche il week end, dando disponibilità completa. È corretto che percepisca una somma adeguata a quello che fa”.

Articolo Precedente

Milano, neofascista tra i candidati di zona a sostegno di Parisi. “Intervengo solo su consiglieri comunali”

next
Articolo Successivo

Referendum riforme, Legnini (Csm) sogna bavaglio ai pm: “Referendum ha valore politico, no a campagne”

next