L’anno prossimo, il 25 marzo 2017, ricorrerà il 60° anniversario della firma dei Trattati costitutivi delle Comunità europee: economica (Cee), del carbone e dell’acciaio (Ceca), dell’energia atomica (Euratom). Avvenne a Roma, in Campidoglio, in un giorno di pioggia: sei i Paesi aderenti, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia.

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Negli anni, quei Trattati sono stati riscritti e le Comunità si sono evolute: oggi, abbiamo un Trattato, quello di Lisbona, e un’Unione europea. Né l’uno né l’altra hanno una bella cera, di questi tempi: l’Unione, ancora convalescente dalla crisi economica e alle prese con la pressione dei migranti, dovrà sottoporsi il 23 giugno a una delicata Tac con il referendum britannico sull’uscita, o meno, dall’Ue.

Eppure, l’Italia s’è messa in testa – e bene ha fatto – di celebrare l’anniversario del 25 marzo 2017, facendone – è l’ambizioso obiettivo – un’occasione di rilancio dell’integrazione. Lungo il percorso verso il traguardo, una tappa è stato un convegno svoltosi nella Sala della Regina della Camera: centrato sul tema ‘Da Roma a Lisbona e oltre’, aperto dalla presidente della Camera Laura Boldrini – oggi, la più attivamente ed energicamente impegnata sul fronte europeo dei politici italiani – e condotto dal sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi, che ha competenza ed esperienza europee.

C’erano esponenti della Commissione europea e del Parlamento europeo. E c’erano i responsabili europei dei tre Paesi che di qui al 30 giugno 2017 gestiranno la presidenza di turno del Consiglio dei ministri dell’Ue e con cui quindi l’Italia deve coordinare i suoi sforzi organizzativi: Olanda, Slovacchia e Malta.

Bene. Cioè male. I discorsi del ministro degli Esteri olandese Berti Koenders, del sottosegretario agli Affari europei slovacco Ivan Korcok e del vice-premier e ministro degli Affari europei maltese Louis Grech erano la prova di quanto sia irto di ostacoli il cammino da percorrere. L’Olanda, uno dei Sei fondatori, è da sempre portatore d’una visione dell’Europa più mercantilista che idealista; la Slovacchia, un Paese di nuova adesione, pare, come altri dell’Europa orientale, avere cancellato dal proprio vocabolario politico la parola ‘solidarietà’; e Malta, pure un Paese di nuova adesione, non ha una vera e propria filosofia europea, ma adatta la posizione all’opportunità del momento. Le loro tre presidenze messe in fila paiono prefigurare un percorso a zig-zag fitto d’ostacoli: uno slalom a porte strette e in ripida pendenza, sul ghiacciato, dove si può finire fuori, piuttosto che una gara di fondo, dove si fatica, ma si arriva al traguardo.

Al giornalista che chiedeva se fossero favorevoli alla revisione delle regole d’asilo per i rifugiati, lungo le linee della proposta della Commissione europea, Koenders risponde che l’Olanda è ben disposta, ma che il tempo le manca per approfondire il negoziato; Korcok che la Slovacchia è scettica, ma che alla presidenza non farà ostruzionismi; e Grech che Malta è favorevole, anche perché s’aspetta di essere fra i beneficiari della redistribuzione dei richiedenti asilo. Una cacofonia.

L’Italia? Noi la revisione delle regole la vogliamo, ma c’è il timore fondato che il 25 marzo 2017 arriverà prima di un’intesa. In compenso, avremo presto, prestissimo, un logo per Roma 2017, frutto d’un concorso fra i ragazzi delle scuole, che sono pure stati sollecitati a ‘riscrivere’ i Trattati di Roma. Peggio che olandesi, slovacchi e maltesi insieme, i nostri ragazzi non faranno di sicuro.

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