Vi racconto una storia. Non è vera, tranquilli, è solo una leggenda; una di quelle storielle che viaggiano di bocca in bocca, in mezzo a quel branco di pazzi che ancora blatera di diritti, referendum, e leggi da cambiare.pensioni 675

Tanto tempo fa, in un paese chiamato Italia, viveva una piccola signora dal caschetto bruno e rughe profonde. Insomma, non proprio la ragazza dolce e gentile delle favole, ma la nostra signora pareva innocua; economista, accademica, si racconta che lucida e solo apparentemente spaesata, si mise a piangere il giorno stesso in cui diventò celebre ai più, perché consapevole che il suo nome sarebbe rimasto nella storia non certo per la gloria o l’ammirazione del suo popolo. Il suo nome era Elsa Maria Fornero e fu ministro del Lavoro e delle politiche sociali, con delega alle Pari opportunità (sarà il paradosso); un ruolo importante in un paese dalla storia controversa, attraversata da innumerevoli scandali, svariati nani, ghepardi smacchiati, tette e marionette, si narra che in passato avesse vissuto anni fieri e dignitosi. Anni di Resistenza, lotta partigiana, riscatto e conquiste sociali. Anni di democrazia. Il paese con la Costituzione più bella del mondo! Pazzesco, lo so. È una storia assurda.

Comunque. Elsa Maria, rimase in carica per un anno e mezzo, il tempo necessario per riformare completamente il sistema pensionistico durante il governo Monti (un lord dalla voce metallica che si dice venisse dallo spazio), e far passare la legge che prese quindi il suo nome. Appena varata la legge, eclatante fu il caso dei cosiddetti esodati. In sintesi migliaia di lavoratori (la cifra esatta non si seppe mai) che, dopo essersi accordati con i propri datori di lavoro e attraverso contratti individuali o collettivi, lasciarono in massa il proprio lavoro per andare in pensione, e invece… SORPRESONA! L’età pensionabile slittò e quindi per loro niente stipendio, pensione, e nessun ammortizzatore sociale, fino al raggiungimento del traguardo. E gli altri? Quelli che ancora lavoravano? Pare che quarant’anni di contributi non fossero abbastanza e che comunque, giunti all’età pensionistica, i soldi erogati dall’Inps non sarebbero più stati quelli di una volta. Si passò infatti dal sistema retributivo, che già un altro lord, Mr Dini, aveva iniziato a toccare (un paese di nani e di “lord” praticamente), a quello contributivo come unico modello di calcolo per la prestazione pensionistica, abbassando drasticamente le pensioni future.

Nel frattempo Elsa Maria Fornero svampò, scomparve, passò di lì l’ennesimo nano, ma la legge rimase e pure gli esodati, ma non solo loro. Quelli che ancora lavoravano, videro slittare il proprio meritato riposo più in là e occuparono il posto ai loro figli che, precari e lavoratori a intermittenza, iniziarono a guardare alla pensione come fosse un miraggio. Si racconta di iniziative e mobilitazioni, ma non si sa come andò a finire.

Passarono gli anni, e la leggenda di questo paese paradossale si perse nel tempo, viaggiando di parola in parola. Sta di fatto che da quando mi è capitato di ascoltarla, ho iniziato a immaginarmi il risvolto della storia, e voglio raccontarvi un segreto. Sottovoce.

A volte… mentre lavoro e smisto bancali di scatole spesso pesanti… Oppure mentre sono in cassa, a contatto con i clienti… Mi immagino di avere trent’anni in più. Sempre secca secca come sono adesso, ma dalla pelle inflaccidita, tutta nervi e muscoletti avvizziti. Alla gobba sono già predisposta, quindi avrò anche quella. Immaginatevi lo spasso di andare a comprare in un grande magazzino, dove le commesse sono tutte messe così! Altre in sovrappeso, con l’affanno, le vene varicose… e qualcuna pure con problemi di prolasso! E i giovani a zonzo, mantenuti dagli anziani che lavorano. E chi lavora nelle catene di montaggio? E gli operai? I ponteggiatori? Pazzesco è! Poi mi rassereno. E penso che è solo il mio incubo a occhi aperti. È solo una leggenda! Anzi… domani vado al lavoro e non ci penso più.

Oppure, io che sono ancora giovane e forte… placo l’ansia del futuro e scendo in strada con altri pazzi come me. L’assurdo è già reale. Il sistema pensionistico è un nodo sociale che va risolto, e non è solo una roba da “vecchi”, lontana e inafferrabile.

E soprattutto, mi rifiuto di crepare con la pensione minima dopo una vita di lavoro. A sessantacinque anni avrò la gobba e probabilmente troveranno il modo di buttarmi fuori prima. A me e a tutti gli altri.

Ma tranquilli, niente panico. I pazzi siamo noi.

Articolo Precedente

Migranti, il futuro sospeso di chi aspetta solo di poter tornare in Siria

next
Articolo Successivo

Mediterraneo: la pace, i giovani, il dialogo. Una Rondine a Trento

next