Per convincere il mercato, la stampa, la Bce e il mondo intero che il sistema bancario italiano è solido, anzi solidissimo, l’Abi ha deciso unilateralmente che d’ora in poi non diffonderà più il dato sulle sofferenze lorde nel suo rapporto mensile. “Si tratta di un’indicazione fuorviante”, ha spiegato all’Ansa il vice direttore generale dell’associazione Gianfranco Torriero. L’Abi d’ora in poi indicherà solo il dato sulle sofferenze al netto delle svalutazioni, che a dicembre si sono attestate a 88,9 miliardi di euro contro gli oltre 200 miliardi di sofferenze lorde e i circa 350 miliardi di crediti deteriorati complessivi. Indicare il solo dato netto pare dunque più tranquillizzante (benché a dicembre le sofferenze nette siano comunque cresciute del 5,3%) e – soprattutto – realistico, nonostante in Europa solo le banche italiane presentino un livello di sofferenze così elevato, superiore di due volte la media Ue, con punte che arrivano a tre volte la media.

I banchieri italiani – dopo aver incassato il convinto plauso del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che da giorni non parla che di sofferenze nette nel vano tentativo di tranquillizzare i mercati – puntano ora a convincere la Bce e le altre autorità internazionali come la Ue e il Fondo monetario internazionale che si ostinano invece a pubblicare tutti i dati, come del resto fa la Banca d’Italia che nel suo Bollettino statistico continuerà a dare conto dell’ammontare delle sofferenze lorde.

Il tratto di penna deciso dall’Abi non fa naturalmente sparire questo macigno che grava sulle banche e sulla nostra economia, ma rende solo più evidente il nervosismo che serpeggia tra i banchieri italiani che si trovano ad affrontare una fase molto difficile sia sotto il profilo economico (le banche italiane sono meno efficienti e hanno una redditività nettamente inferiore rispetto ai competitor europei), sia per effetto della crisi di fiducia che ha investito il sistema in seguito al decreto del 22 novembre, il cosiddetto salva banche. Sostenere che il dato sulle sofferenze lorde faccia aumentare i timori sulla solidità degli istituti italiani e induca i mercati a valutare in modo non corretto i titoli bancari è fare un torto all’intelligenza degli investitori e degli analisti, perfettamente consapevoli delle debolezze del nostro sistema e in grado di discernere il grano dal loglio.

La querelle tra dato lordo e dato netto non è nuova in Italia, ma il passato non sembra aver insegnato molto: un precedente illustre è quello del gruppo Ferruzzi che del suo debito diffondeva solo il dato netto. Quando nel giugno del 1993 si conobbe finalmente l’entità dell’indebitamento lordo – 31mila miliardi di lire, circa 16 miliardi di euro, una cifra davvero enorme per l’epoca – il crac divenne inevitabile e il gruppo passò sotto il controllo di cinque banche pubbliche con la regia di Mediobanca. Altri tempi e altra storia, certo, così come appare storia d’altri tempi la decisione di cassare da una pubblicazione ufficiale un dato della propria industria ritenuto scomodo, con l’invidiabile risultato di trasformare il proprio Bollettino mensile nel bollettino della parrocchietta.

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