Domenica al G20 di Antalya gli Stati Uniti, a capo della coalizione internazionale che bombarda da tempo nel Paese, e la Russia hanno raggiunto un’intesa sulla lotta contro lo Stato Islamico in Siria. Ma il punto attorno al quale ruota l’intera questione siriana è il futuro di Bashar Al Assad. Il presidente siriano, ha affermato il ministro degli Esteri turco citato dall’agenzia di Stato Anadolu, “non si candiderà” nelle prossime elezioni previste dopo il periodo di transizione in Siria. Recep Tayyip Erdogan ha ribadito poco dopo il concetto: “Assad, che ha massacrato il suo popolo, non ha un posto nel futuro della Siria né lo avrà mai”, ha detto il presidente turco nella conferenza stampa di chiusura del summit del G20.

Le trattative sul futuro della Siria proseguono incessanti. Il segretario di stato americano, John Kerry, ha chiamato il leader dell’opposizione siriana, Khaled Khoja, invitandolo a lavorare per il cessate il fuoco e l’avvio al più presto possibile di “un negoziato credibile” col regime di Assad, sotto la guida dell’Onu. I due hanno quindi fatto il punto dopo l’accordo raggiunto a Vienna tra Usa e Russia sul futuro della Siria.

Venerdì, poche ore prima degli attentati di Parigi, a Vienna veniva raggiunto un accordo tra 20 Paesi  tra cui Usa, Russia, Iran e Arabia Saudita su una possibile soluzione della crisi siriana. Gli Stati non hanno pattuito un cessate il fuoco immediato, ma trovato l’intesa per la formazione di un governo di transizione entro 6 mesi, per passare all’approvazione di una nuova Costituzione e ad elezioni sotto l’egida dell’Onu entro 18 mesi. Ed entro gennaio partiranno i negoziati tra il governo e l’opposizione. Tra i punti rimasti senza soluzione  quale sarà “la sorte di Bashar al Assad“.

“Abbiamo fatto progressi, ma molto lavoro resta da fare”, sottolineava Kerry in conferenza stampa insieme al ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. I partecipanti ai negoziati multilaterali, ha detto l’esponente del Cremlino, hanno comunque confermato che saranno i siriani a decidere del futuro dell’attuale presidente e di “qualsiasi altro politico nel paese”. L’intero processo di pacificazione di 18 mesi, ha detto il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier, sarà organizzato e guidato dall’incaricato speciale dell’Onu Staffan de Mistura.

La condizione perché questa road map venga seguita è l’entrata in vigore del cessate il fuoco fra governo e gruppi ribelli internazionalmente riconosciuti. La cosa, ha aggiunto Kerry, non vale per l’Isis e per il Fronte al-Nusra, gruppi che devono essere combattuti unitariamente. “Si ha la sensazione – ha detto Lavrov – che si rinforza sempre di più la consapevolezza della necessità di creare quella stessa coalizione internazionale, efficiente e globale per la lotta all’Isis e ad altri gruppi terroristici di cui ha parlato Putin“.

Putin: “Nel G20 anche Paesi che finanziano Isis” – I jihadisti dell’Isis sono finanziati da persone fisiche provenienti da 40 paesi, tra cui anche membri del G20: lo ha detto Vladimir Putin, precisando di aver condiviso con i colleghi del summit ad Antalya i dati a disposizione della Russia sul finanziamento ai terroristi. La Russia è pronta a sostenere con attacchi aerei l’opposizione siriana nella sua lotta contro i terroristi del gruppo Stato islamico, ha detto ancora il presidente della Federazione russa: “Posso confermare che abbiamo stabilito dei contatti sul campo di battaglia con i gruppi dell’opposizione siriana che ci hanno chiesto di condurre attacchi aerei”.

Obama: “Errore inviare in Siria quantità massicce di truppe” – Sarebbe un “errore” inviare quantità massicce di truppe in Siria per fermare il gruppo terroristico Stato islamico. Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in conferenza stampa dopo il vertice del G20. “Io credo che sarebbe un errore, così come lo credono i miei consiglieri militari e civili”, ha detto il presidente Usa, dopo avere affermato che Washington non cambierà la strategia contro lo Stato islamico. Se gli Stati Uniti aumentassero la loro presenza in Siria “ad esempio con 50mila soldati, vedremmo una ripetizione di ciò che è già accaduto”, ha detto il presidente, in un apparente riferimento alle conseguenze della guerra in Iraq. “Ci vorrà tempo” perché la strategia americana abbia successo, ha detto ancora il capo della Casa Bianca. “Sul fronte militare continueremo ad accelerare ciò che stiamo già facendo, cercando nuovi alleati. Ho autorizzato altre forze a migliorare questa coordinazione”, ha proseguito il presidente, sottolineando che “la strategia deve essere sostenibile”.

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