Imbarazzo, vergogna, allarme, senso di inadeguatezza: sentimenti ed emozioni che sarebbe necessario provare, da persone adulte di riferimento, di fronte al comportamento dei 22 giovani (tra i 12 e i 13 anni) della scuola Costa di San Francesco al Campo, vicino a Torino.

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Con l’ormai imprescindibile gruppo WhatsApp i docenti venivano filmati e poi postati con ‘commenti divertenti’ di intuibile livello. La sospensione (di un giorno per sei degli studenti, di tre ore per gli altri, provvedimento in realtà assai blando) ha suscitato in almeno metà delle famiglie reazioni non nuove (un precedente, solo per citare il più recente, risale al 2014): invocare la violazione della privacy, persino accuse di furto, minacciando di adire a vie legali.

Un mondo capovolto quotidiano, quello nel quale ormai si vive, dove la scuola fa da specchio alla rottura del patto educativo tra persone adulte, o almeno quelle che, per età anagrafica e condizione, si definiscono tali, ed evidenzia gli effetti della formazione diffusa dai decenni di tv litigiosa, urlata e popolata da format nei quali campeggiano il finto tribunale, il ring come unico spazio di confronto, l’insulto come misura della bontà politica delle proprie (pochissime) idee. Ironia della sorte il comprensorio dove si trova la scuola porta il nome della più famosa e innovativa pedagogista italiana, Maria Montessori. Una tristezza infinita.

Se si fa un giro nel web si scopre che centinaia di istituiti italiani di ogni ordine e grado (comprese le elementari) si sono dovute dotare di regolamenti e circolari per tutelarsi in caso di minacce di cause da parte di famiglie offese per la violazione della privacy dei minorenni, visto che non c’è verso di far capire a persone adulte che nelle ore scolastiche il cellulare non dovrebbe nemmeno essere portato in classe, e comunque dovrebbe essere spento durante le lezioni. L’ovvio che non risulta, anzi.

Se state con le orecchie aperte all’uscita delle scuole emergono tre preoccupazioni principali delle famiglie: l’eccessivo peso dei libri, l’eccessivo carico di compiti a casa e l’eccessivo divieto d’uso dei cellulari. Il primo problema è ovviabile con zainetti a ruote; il secondo non dovrebbe esistere se la scuola, con il suo corollario di prosecuzione talvolta anche a casa, fosse intesa come fondamentale impegno educativo nella vita dei nostri figli e figlie, magari persino un’opportunità: fare i compiti insieme potrebbe diventare un’occasione di dialogo, chissà. Per il terzo si veda la cronaca. Nessuna lamentazione circa l’eccessiva mancanza di contenuti educativi e di sostanza che la scuola dovrebbe fornire a quei figli e figlie così preziosi da tutelare contro l’angheria del potere insidioso della cultura, della buona educazione e del rispetto. Giù le mani, potrebbero persino diventare persone migliori, e quindi porci domande alle quali non sapremmo rispondere.

Meglio video divertenti su WhatsApp, per prepararli a diventare italiani brava gente.

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