S’appressa la pienezza di poteri del dg Rai che diventerà Amministratore Delegato e potrà fare e disfare. Una novità assoluta, almeno da 45 anni a questa parte, per la Rai e i suoi vari aventi causa. Per molti la speranza di una Rai “soggetto”; per altri il timore che la Rai resti “oggetto”, ma posseduto da una parte sola.

Noi preferiamo pensare che il Capo Azienda, proprio perché tale, sia esposto senza alibi alle proprie responsabilità e che, messo di fronte all’alternativa fra fare “ciò che serve” o farsi carico di pretese improprie, non avrà molte alternative al seguire la prima strada, terminando di riempire quel bicchiere mezzo vuoto, ma anche mezzo pieno, che è finora la Riforma della Rai. Tutto sta, ovviamente, ad intendersi su “ciò che serve”.

Per ora la maggiore attesa di cambiamento è legata alla “newsroom unificata“, che dovrebbe presto sostituire la pletora di attività redazionali che lavorano in contemporanea a fare le stesse cose. A dire il vero, sull’urgenza di unificare la “organizzazione” dei TG, tutti sembrano costretti a concordare, dati gli evidenti vantaggi per la cassa. Ma il tema davvero duro che incombe già ora, consiste nel confrontarsi col numero, l’estensione e la collocazione delle news, sia nazionali che locali. Cioè col profilo editoriale di tutta la questione news.

Perché l’ipertrofia (tutta e solo italiana) non è solo quella, da tempo conclamata, dei talk show, ma è assai prima quella delle edizioni dei TG: che brulicano, come rivela al primo sguardo l’insieme delle armate nazionali e locali schierate dalla mattina presto alla notte tarda, e che ridondano rispetto all’All News della medesima azienda, tanto da soffocarne in culla il ruolo di finestra sempre aperta sulla informazione del Servizio Pubblico.

Si dirà: intanto portiamoci a casa i vantaggi di cassa, che già qui dovremo risolvere molte rogne, e poi penseremo a potare i palinsesti. Ma il problema non ha dimensioni affrontabili con la “potatura”. Qui si tratta di sradicare interi ceppi, più o meno rinsecchiti per ottenere lo spazio da coltivare ai fini di uno strutturale ripensamento dei palinsesti, dei ruoli dei canali più o meno generalisti, delle strutture finanziarie, dove col canone dove con la pubblicità, che ne dovrebbero orientare le scelte.

Per materializzare cioè quel che i cittadini-elettori-abbonati pretenderanno di toccare con mano ogni volta che una nuova bolletta elettrica comparirà nella cassetta della posta.
Qui è davvero il cuore del problema, il “ciò che serve”. E pure in fretta, perché la tv, ha tempi lunghi e già ci sembrerebbe un miracolo che la pazienza degli spettatori, reggesse oltre l’autunno del 2016. In sostanza è qui che capiremo davvero se il nuovo Capo Azienda, col po’ po’ di poteri che si ritroverà, l’acqua del famoso bicchiere (mezzo vuoto, mezzo pieno?) riuscirà quantomeno a rimboccarla.

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