Nei primi sei mesi dell’anno il saldo tra nuovi contratti di lavoro firmati e rapporti chiusi è stato di 638.240 unità, contro le 393.658 dello stesso periodo del 2014. E il numero di quelli a tempo indeterminato è salito di 252.177 unità, con il risultato che la quota di assunzioni stabili sul totale è passta dal 33,6 al 40,8%. A rilevarlo è l’Inps nell’osservatorio mensile sul precariato, che prende in considerazioni solo i dipendenti del settore privato. Secondo il premier Matteo Renzi i dati “dicono che siamo sulla strada giusta contro il precariato e che il Jobs Act è un’occasione da non perdere, soprattutto per la nostra generazione”.

Va chiarito però che questi numeri non corrispondono ad altrettanti lavoratori: soprattutto nel caso dei rapporti a termine, la stessa persona può essere stata titolare di più contratti di lavoro che in questa rilevazione vengono contati singolarmente. E’ così che si spiega perché, a fronte di cifre apparentemente positive, la disoccupazione continua ad aumentare. Pochi giorni fa, intervistato da Il Fatto Quotidiano, il presidente dell’Istat Giorgio Alleva ha stigmatizzato il “caos poco edificante” sui dati sottolineando come quelli forniti dal ministero e dall’Inps siano “dati di fonte amministrativa, non statistiche”. E anticipando che è allo studio un’integrazione delle informazioni disponibili che dovrebbe sfociare nella diffusione trimestrale di “un’informazione congiunta sul lavoro” e in un rapporto annuale congiunto.

L’istituto presieduto da Tito Boeri fa sapere che nel primo semestre le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono state 952.359, il 36% in più rispetto al 2014, a fronte di 816.090 cessazioni. Anche queste ultime sono aumentate, ma solo dell’1,9%. Sono rimasti invece sostanzialmente stabili i contratti a termine, mentre si sono ridotte le assunzioni in apprendistato (-11.500) e sono cessati i rapporti di lavoro di 71.445 apprendisti.

Il peso dei nuovi rapporti di lavoro con retribuzioni mensili inferiori a 1.000 euro diminuisce di 1 punto, passando dal 6,3% al 5,3%. Scende dall’8,8 all’8,4% anche la fascia retributiva 1.001-1.250 euro. In aumento il lavoro full time rispetto al part time: i nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno rappresentano il 63,4% del totale delle nuove assunzioni nei primi sei mesi del 2015, in aumento di 1,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014. L’Inps rileva infine come nel primo semestre del 2015 risultano venduti 49.896.489 voucher destinati al pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio, con un incremento del 74,7% e punte del 95,2% e dell’85,3% rispettivamente nelle regioni insulari e in quelle meridionali del Paese. Pochi mesi fa Boeri aveva lanciato l’allarme sul fatto che questi buoni rischiano di diventare “la nuova frontiera del precariato“.

L’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato 2015 sul 2014 risulta superiore alla media nazionale in Friuli-Venezia Giulia (+82,9%), in Umbria (+67,0%), nelle Marche (+55,5%), nel Trentino-Alto-Adige (+54,3%), in Emilia-Romagna (+52,6%), in Piemonte (+52,0%), in Liguria (+47,6%), in Veneto (+45,9%), in Lombardia (+41,3%), nel Lazio (+41,0%), in Sardegna (+40,0%) e in Toscana (+38,6%). I risultati peggiori si registrano nelle regioni del Sud: in Sicilia i contratti stabili nel primo semestre sono stati solo il 12,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2014, in Puglia il 18,8%.

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