Ci sono cose che Lonely Planet non ti racconta, e che invece, in un continente straniero, sarebbe meglio tu conoscessi. Sia per non fare brutta figura con i local, sia perché anche il tuo mondo, a casa, cambierebbe un po’ prospettiva.

Prendiamo per esempio la “questione cinese“. A Milano chi si lamenta di Chinatown, a Prato chi del tessile e a Roma chi evita Piazza Vittorio come fosse la peste. Troppi cinesi.

Tutto questo snobismo – per non dire razzismo – in Australia non esiste. Anzi, al contrario, la Cina è parte integrante ed integrata dell’Oceania.

Quando arrivi nella Gold Coast, appena sotto Brisbane, nella parte est appena sotto l’inizio della barriera corallina, immagineresti di trovare surfisti biondi che cavalcano le onde in puro stile “Point Break”. Quel che incontri, invece, sono stormi di turisti cinesi. Centinaia, tutti insieme appassionatamente, riveriti come “I Turisti Internazionali” per eccellenza.

Sia che tu stia passando qualche giorno su un’isola come Moreton Island alla ricerca di tartarughe giganti, ibis e – se sei fortunato – whales, sia che tu approdi a Brisbane, la capitale universitaria ed artistica del Queensland, trovi tanto, ma proprio tanto, pensato su misura di cinese.

Giusto qualche esempio. Quando sali su una piccola imbarcazione che ti porterà in aperto Pacifico per incrociare la migrazione delle balene, le guide danno retta quasi esclusivamente ai cinesi, assoluta maggioranza del gruppo. Non solo. Due delle guide stesse sono cinesi, e tutti i restanti noi, inglesi (tre) francesi (due) e italiani (zero) siamo considerati alla stregua di una vera e propria minoranza, quale in realtà, siamo davvero. Tanto che al nostro ritorno, quando desidereremmo provare ad incrociare delfini non addestrati, magari porgendo loro un pesciolino, prima di noi – senza spiegazione – vengono fatti passare i cinesi.

In coda, a centinaia. Entusiasti, educati, si divertono coi delfini ma sono troppi, e troppo lunga è la cosa: ci fanno passar l’entusiasmo. È così che tra francesi, inglesi, italiani, ci guardiamo sorridendo: per la prima volta siamo noi quelli di serie B. Quelli che si devono adattare alla cucina solo cinese dell’isola, quelli che appena approdano sulla terra ferma, a Brisbane, non possono far altro che notare i cartelli stradali: nella parte superiore, il nome della strada, in inglese. In quella inferiore del cartello, il nome della strada, in cinese.

Articolo Precedente

Cina, sotto accusa l’abate di Shaolin: “Sedotto molte donne e ha un numero imprecisato di figli mai riconosciuti”

next
Articolo Successivo

Charlie Hebdo, terrorismo e libertà di pensiero

next