Due giorni dopo il salvataggio operato dal Senato, Matteo Renzi torna sul caso di Antonio Azzollini, l’ex presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama per il quale l’Aula ha respinto la richiesta di arresto avanzata dalla Procura di Trani per il crac da 500 milioni della clinica “Divina Provvidenza” con il contributo decisivo di una parte del Partito Democratico.

“Qui non si sta parlando del bar dello sport – ha detto il premier in conferenza stampa a Palazzo Chigi – ma della libertà o della privazione di libertà. C’è la Costituzione e ci sono delle leggi. Il Pd è quel partito che quando si è trattato di mandare in galera un proprio deputato lo ha fatto (il riferimento è per il caso di Francantonio Genovese, il deputato per il quale i dem avevano votato sì all’arresto nda ). La Costituzione dice: fumus persecutionis sì o no. La posizione della Giunta è stata di un tipo ma il capogruppo Zanda ha letto le carte e ha lasciato libertà di coscienza. Potrebbe esserci fumus persecutionis perché è una questione complessa. Si vota guardando le carte, chi lo ha fatto ha ritenuto di votare contro. Io credo alla buona fede e all’intelligenza dei senatori e dei deputati”.

Un salvataggio, quello del senatore Azzollini, che aveva causato una spaccatura all’interno del Pd: alla vicesegretario Deborah Serracchiani che parlava di “errore” rispondeva l’omologo Lorenzo Guerini, spiegando che se alcuni hanno votato contro l’arresto dell’esponente del Nuovo Centrodestra “è perché non hanno rilevato dalle carte ragioni sufficienti per dare il loro assenso”.

Per 48 lunghissime ore il premier non aveva commentato il voto decisivo del suo partito su Azzollini, evitando quindi deliberatamente di scegliere tra le opinioni contrapposte dei due vicesegretari.  Un silenzio, quello del segretario premier, che aveva suggerito come dietro i commenti dei suoi vice ci fosse una deliberata strategia politica. Adesso invece si schiera con chi ha votato contro l’arresto di Azzollini. “Questa non è un’operazione di partito – ha argomentato Renzi – ma un’operazione in cui si leggono le carte. Io credo nella buona fede dei deputati e dei senatori. Il Parlamento della Repubblica non è il passacarte del tribunale di Trani”.

Il presidente del Consiglio ha quindi commentato lo scivolone rimediato giovedì dal governo in Senato durante l’esame del ddl per la riforma della Rai: “Una parte del Pd ha voluto dare un messaggio politico approfittando delle assenze, ma nostro obiettivo non è dare messaggi ma cambiare il Paese. Quel messaggio non ci preoccupa: andiamo avanti più decisi di prima”. “Credo che ci fossero in quella norma – ha detto ancora il premier- alcuni punti interessanti, il motivo di merito mi sembra importante. Poi il governo può sempre intervenire sul canone, con la legge di Stabilità. È evidente che una parte del Pd ha voluto approfittare di molte assenze per dare un messaggio. Ma il nostro obiettivo è cambiare il Paese, ognuno si assume le sue responsabilità. Il Senato ha i numeri per andare avanti, le polemiche dentro il Pd vanno discusse all’interno del gruppo Pd, noi quando eravamo minoranza rispettavamo le decisioni del gruppo e questo dovrebbero fare tutti”.

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