Era a disagio dov’era, così ha fondato un nuovo gruppo per proseguire insieme al Partito Democratico sul cammino delle riforme, ma con la promessa che non entrerà mai nel Pd. “Siamo dieci senatori tutti ex Pdl, ognuno ha la sua tradizione e ci siamo messi insieme su un ragionamento specifico. Ma nessuno di noi ha voglia o desiderio di iscriversi al Pd – assicura Denis Verdini, ex berlusconiano di ferro ed ex coordinatore nazionale di Forza Italia, nel corso della conferenza stampa al Senato con cui ha annunciato la nascita del suo nuovo gruppo, Alleanza liberal popolare per le autonomie – io personalmente sono toscano, se l’avessi voluto fare l’avrei fatto da ragazzo”.

Ora Denis cerca la libertà che in Forza Italia non aveva. La libertà di portare avanti il discorso iniziato con il Pd sul tema delle riforme: “Nella nostra componente la gran parte ha votato il ddl Riforme, c’è chi non l’ha fatto ed è libero di proseguire la sua posizione. Molti componenti però hanno collaborato alla formazione del ddl e ci sentiamo partecipi di queste riforme”. La strada è tracciata, indietro non si torna: “Per noi il ddl Boschi deve essere approvato così com’è – ha aggiunto – perché quello è un indice di fattibilità. Se lo riapriamo entriamo in un pantano”. Quanto alla legge elettorale “si può cambiare ma prima e a maggior ragione si deve approvare il ddl Riforme”. “Ci sono delle incongruenze tra lista e sbarramenti, noi siamo contenti che sia stato approvato – ha aggiunto – ne potremo chiedere la modifica ma partendo da una base”.

Qualche sassolino dalle scarpe però Verdini vuole toglierselo: “A Roberto Speranza che ha parlato di ‘film dell’orrore’ – attacca l’ex coordinatore azzurro – ricordiamo che lui è stato il macchinista di questo film. Si ricordi che è stato un operatore, ha fatto tutte le trattative, correttamente, ma non gli è dato di perdere la memoria”. “A lui – incalza – e a molti altri del Pd i quali dimenticano quanto accaduto nel 2013: questa legislatura è nata senza la possibilità di costituire una maggioranza. Da questo assunto noi abbiamo iniziato questo percorso”, perché “ci sentivamo a disagio nei nostri rispettivi gruppi” anche se “assolutamente non rinneghiamo nulla”. Ma parlare della fine del rapporto con Silvio Berlusconi, naufragati insieme al patto del Nazareno, è difficile: “È uno strappo e come tutti gli strappi fa male, ma avvengono quando non c’è più identità di vedute. Nessuno muore, Berlusconi non è morto, lui è sempre stato lungimirante però questo non significa che bisogna vivere nella stessa posizione”.

Il progetto è quello di portare a compimento il lavoro fatto fino a questo momento: “Vogliamo essere liberi di completare la legislatura Costituente come avevamo iniziato – ha proseguito Verdini – poi c’è una prospettiva politica che è nelle nelle cose e che ritiene che l’area moderata sia il centro del Paese. Il centro determina sempre la vittoria dell’una o dell’altra parta, ma per determinarla deve avere la libertà di potersi muovere senza pregiudizi e realizzare le riforme con una maggioranza allargata significa dare stabilità agli elettori”. Per questo, dopo quello al Senato, nascerà anche un gruppo di verdiniani anche alla Camera: “E per correttezza abbiamo fondato un’associazione di cui sono il presidente”.

Ma i progetti non sono ancora troppo chiari. “Dopo la nascita di Ala al Senato, è prossima la formazione del gruppo anche alla Camera?”, domanda un cronista alla fine della conferenza nella sala Nassirya del Senato. “Non lo so, non lo so, vedremo a settembre”, replica Verdini. Intanto bisogna puntellare l’Aula di Palazzo Madama, per Montecitorio si vedrà.

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