Silvio Berlusconi è stato condannato a tre anni di carcere per corruzione in concorso con Valter Lavitola, condannato alla stessa pena dell’ex premier. Lo hanno deciso i giudici della I sezione penale del Tribunale di Napoli, nell’ambito del processo sulla presunta compravendita di senatori che causò la caduta del Governo Prodi nel 2008. I difensori, Coppi, Longo e Ghedini, avevano chiesto l’assoluzione. Ieri l’ex Cavaliere aveva ritirato l’istanza di insindacabilità presentata presso la Giunta delle autorizzazioni della Camera in cui chiedeva di dichiarare la vicenda coperta da immunità parlamentare. Il leader di Forza Italia è stato anche condannato a risarcire i danni al Senato della Repubblica, che si era costituito parte civile attraverso l’avvocatura dello Stato.

“Prendo atto di una assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell’interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, così come continuerò a fare”, è il commento a caldo di Berlusconi, appena condannato in primo grado. L’ex premier rispolvera l’antica autodifesa tirando in ballo una “persecuzione giudiziaria” messa in atto per ledere la sua “immagine di protagonista della politica”.

“Non commento le sentenze. Prendo atto delle sentenze. Prendo atto che questa sentenza ha condiviso la tesi accusatoria”, sono invece le parole del procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo. “E’ una sentenza che riteniamo clamorosamente ingiusta e ingiustificata”, è stato il commento a caldo dell’avvocato Ghedini. Lo storico legale dell’ex cavaliere ha sottolineato che il processo si prescriverà il 6 novembre 2015. Considerati i 90 giorni previsti per il deposito delle motivazioni e i 45 per l’impugnazione in appello, il secondo grado partirà col reato già prescritto. In ogni caso, però, il reato contestato all’ex presidente del consiglio è importante a livello storico politico.

Cuore del processo, infatti, è l’ipotizzato versamento dell’ex presidente del Consiglio di 3 milioni di euro al senatore Sergio De Gregorio perché cambiasse schieramento e contribuisse a determinare la crisi del governo Prodi dopo le elezioni del 2006: l’esecutivo di centro sinistra, in effetti cadde due anni. La procura di Napoli aveva chiesto il giudizio immediato nei confronti del leader del Pdl, che era stato indagato per finanziamento illecito e corruzione, dell’ex senatore dell’Idv e dell’ex direttore dell’Avanti, ma il gip aveva respinto e si era quindi celebrata l’udienza preliminare.

Durante la requisitoria la procura aveva chiesto cinque anni per Silvio Berlusconi e quattro anni e 4 mesi per Valter Lavitola. Il rinvio a giudizio per l’ex Cavaliere e l’ex direttore de L’Avanti era arrivato il 23 ottobre 2013. In quell’udienza il giudice per l’udienza preliminare Amelia Primavera aveva ratificato il patteggiamento a 20 mesi per Sergio De Gregorio.

“Siamo al cospetto di una delle peggiori ipotesi che si possano prospettare. Una vicenda che resterà nei libri di storia e servirà come monito per il futuro. Qui abbiamo potere economico che acquistare le persone per sfruttarne le funzioni e dirigerne il voto” aveva detto il pm Alessandro Milita. Oggi il pm Henry Woodcock ha parlato di “un banale contratto illecito, una questione di vile pecunia, di scambio, di baratto tra soldi e tutto ciò che rientra nella funzione parlamentare”.

Woodcock ha sostenuto che in questa vicenda “i motivi politici rimangono sullo sfondo” e si è soffermato sull’articolo 318 del Codice penale secondo la formulazione fatta nel 2012 in cui si parla di “asservimento” della funzione pubblica. I legali della difesa sostenevano infatti che quel reato non poteva essere applicato in questo caso in quanto emanato in un periodo successivo ai fatti contestati. Il pm Fabrizio Vanorio ha sottolineato alla fine che la sentenza “farà giurisprudenza perché è il primo caso in cui si affronta il tema della corruzione parlamentare“.

De Gregorio aveva deposto al processo sostenendo che quando non veniva pagato in Aula non ci andava scatenando il panico in Forza Italia. Lavitola, in alcune dichiarazioni spontanee davanti al giudice, aveva sostenuto di non sapere di essere stato solo il veicolo della corruzione: “Sono stato corriere inconsapevole. Mi si accusa di avere portato mezzo milione di euro a De Gregorio in un pacchettino. Io ho dato questi soldi black (in nero, ndr), ma sono stato solo un postino, non conoscevo la ragione del pagamento”. In aula a Napoli era stato sentito anche l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, che in serata ha commentato:“Se ne parlava, ma io non sono mai stato informato, C’erano delle voci, ma, come dissi al giudice, non ne sapevo nulla. Se lo avessi saputo sarei ancora presidente del Consiglio”. Dopo la sentenza, lo storico leader dell’Ulivo ha spiegato perché non si è costituito parte civile nel processo: “Non mi sono costituito parte civile perché ritengo che sia stata lesa la democrazia e non la mia persona“.

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