“I problemi greci mascherano il rischio crescente in Italia e in Francia”. Un’attenzione tutta concentrata sul Paese ellenico e che quindi occulta agli occhi degli osservatori internazionali le mancanze “strutturali” dello Stivale e dei cugini d’oltralpe. E’ l’avvertimento lanciato, con un articolo comparso anche sull’edizione cartacea, dal Financial Times, uno dei quotidiani economici più influenti al mondo. E l’avvertimento del giornale rosa stampato a Londra è arrivato a solo una settimana da un altro affondo, questa volta da parte del Wall Street Journal, con il quale il quotidiano americano ricordava che “il rischio Grecia pesa sull’Italia più che sugli altri partner”. Un rischio che, si legge, pare essere ignorato – o messo volontariamente in sordina – al momento dalla burocrazia europea e dai grandi economisti. “Ossessionati dai problemi della Grecia e della periferia europea, i mercati finanziari stanno ignorando i rischi crescenti del nucleo europeo, specialmente di Italia e Francia”, ha scritto ancora il Ft.

Debito alto, crescita lenta, disoccupazione, finanze pubbliche all’osso, mancanza di competitività e un’incapacità di apportare gli aggiustamenti necessari”. I problemi individuati dai giornalisti londinesi sono questi. “E la riduzione dei prezzi energetici combinata a bassi oneri finanziari e un euro più debole, progettato in modo ingegneristico dalla Banca centrale europea, non possono nascondere quei profondi e irrisolti problemi per sempre”. La grande stampa economica internazionale, così, sposta i fari dalla Grecia e li punta verso occidente, in attesa che lo faccia chi di dovere nei luoghi del potere economico e politico. E il Financial Times, va detto, sembra averne soprattutto per l’Italia.

Si ricorda così che la nostra economia “è sprofondata di circa il 10% dal 2007 a oggi”, in seguito a una lunga recessione. Ancora, “una disoccupazione a più del 12% e una disoccupazione giovanile di circa il 44%”. Problemi quindi “strutturali più che attribuibili alla crisi del debito nell’eurozona”. Per l’Italia e la Francia, “stipendi alti, mercati del lavoro inflessibili, welfare generoso, settore pubblico molto vasto e pratiche restrittive per il commercio sono problemi importanti”, anche se forse queste caratteristiche descritte si riferiscono molto più al contesto francese che a quello italiano.

La scarsa competitività, poi, non aiuta. Nella lista del World Economic Forum, ricorda il Ft, l’Italia è 49esima e la Francia 23esima. Per quanto riguarda la facilità del fare impresa, il nostro Paese è 56esimo, mentre il cugino transalpino è 31esimo. La mancanza di trasparenza, poi, aggrava il quadro. E la Penisola è 69esima su 175 per quanto riguarda il livello percepito di corruzione. Più o meno come la Bulgaria, la Romania e la Grecia, grande attrice protagonista delle news mondiali in questi giorni. Poi – e questo è un tema caro ai britannici del Financial Times – anche l’euro non aiuta. “Senza l’opzione storica della svalutazione della lira e del franco per aumentare la competitività internazionale – ha aggiunto il Ft – entrambi i Paesi si sono affidati sempre più nei tempi recenti alla spesa pubblica basata sul debito per mantenere ad alti livelli l’attività economica e lo stile di vita”.

Ecco, allora, che “la Francia e l’Italia potrebbero non essere in grado di evitare una crisi finanziaria”. E ancora: “Il tempo a disposizione sta finendo”, nonostante per gli ultimi “15 o 20 anni” sia l’Italia che la Francia abbiano promesso “riforme strutturali”. Che evidentemente non sono mai arrivate, o solo in parte. Il Wall Street Journal di una settimana fa tirava in ballo il governo Renzi, sostenendo che il presidente del consiglio avrà bisogno di “venti favorevoli” per realizzare le sue promesse, e sia la Grecia sia la crisi nel Mediterraneo sono due rischi che “sfuggono al suo controllo”. Un attacco doppio, quello del Financial Times e del Wall Street Journal, che fa capire come fra Londra e New York lo si sappia fin troppo bene: il make-up di Palazzo Chigi potrebbe non essere in grado di mascherare le profonde occhiaie e la faccia stanca dell’economia italiana.

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