“L’onestà non basta. E se sarà necessario procederemo con lo scioglimento del Comune”. Se prima era un pressing, ora quella del governo Renzi sul sindaco di Roma Ignazio Marino ha assunto le sembianze di una marcatura a uomo. E in tale contesto, le parole del ministro Maria Elena Boschi assomigliano al più classico del falli da tergo. La linea è sempre la stessa ed è condivisa sia dal premier-segretario che dal suo vice Deborah Serracchiani: “I cittadini chiedono che Roma sia gestita bene. Marino deve essere all’altezza di questa sfida e deve gestire questo passaggio difficile. Solo lui può sapere se se la sente” ha detto la Boschi, che  sull’ipotesi scioglimento del Comune per mafia, ha rimandato tutto alla relazione del prefetto Franco Gabrielli. “Ci auguriamo che gli esiti non comportino lo scioglimento – ha ribadito il ministro – Ma è nostro dovere metter al primo posto il rispetto della legge e della legalità. Se emergeranno elementi il governo si prenderà la sua responsabilità“.

Parole dure per il primo cittadino, che oltre allo scandalo Mafia Capitale è alle prese con le tensioni di giunta ed il probabile addio di due super-assessori, Guido Improta (Trasporti) e Silvia Scozzese (Bilancio). Entrambi non avrebbero gradito la richiesta che sarebbe arrivata dal sindaco di non rispettare il patto di stabilità, e, secondo i rumors capitolini e del Pd romano, la regia arriverebbe proprio da Palazzo Chigi. Un pressing sul sindaco per dire: o rafforzi la squadra di governo, con un rimpasto, o è meglio che lasci. E se anche il commissario del Pd Roma, Matteo Orfini, ha parlato della relazione di Gabrielli come “punto di svolta” per ogni decisione, a difendere Marino ci ha pensato il gruppo di Sel in Campidoglio, fino a ieri tra i più critici: “Sia Renzi che la Boschi concentrano l’attenzione su Roma per nascondere le sconfitte elettorali del Pd e le difficoltà di governo su temi come la scuola e le politiche di contrasto alla crisi. Gli strumenti per aiutare Roma ce li hanno, li utilizzassero” ha detto il capogruppo, Gianluca Peciola.

Anche nel Pd romano, poi, i problemi non mancano, con il caso-Barca esploso dopo la relazione sui circoli presentata due giorni fa dall’ex ministro. Le strutture etichettate come “dannose” continuano a manifestare il proprio disappunto, con alcuni segretari di circolo, come quelli di BorghesianaFinocchio e Torre Maura, che hanno presentato le loro dimissioni, poi respinte dal sub-commissario Gennaro Migliore. Il dossier ha incrinato ancora una volta i rapporti interni del partito, con Orfini che parla di “allergia alla valutazione”. “I circoli che hanno avuto un risultato negativo non c’entrano nulla con la mafia o con la corruzione – ha sottolineato -. Sono semplicemente circoli che non funzionano bene. In nessuna parte di questa città un partito delle nostre dimensioni, se funziona, può diventare un feudo”. “Ci sono stati errori di valutazione, dicono in molti. Sicuramente è così” ha ammesso il presidente Pd che si assume la “responsabilità” delle “scelte che serviranno a recidere i rami secchi”. Che si traduce in chiusure e commissariamenti, già da oggi.

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