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Sindacato unico, Squinzi: “Non possibile né auspicabile in un Paese democratico”

Il presidente di Confindustria ha bocciato la proposta del premier Renzi: "Mi sembra una esternazione del momento". Ma non ha risparmiato critiche alle sigle, che devono "mettersi al passo con i tempi" pena diventare rappresentative "solo dei pensionati". Poi la mezza marcia indietro sul contratto aziendale: "Io sono a favore di quello nazionale"
Sindacato unico, Squinzi: “Non possibile né auspicabile in un Paese democratico”
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Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sul sindacato la pensa come la leader della Cgil Susanna Camusso: l’idea di una sigla unica, proposta dal premier Matteo Renzi e molto apprezzata dal numero uno di Fiat Chrysler Sergio Marchionne, è da regime totalitario. “Non credo che in un paese democratico sia possibile e auspicabile”, ha detto Squinzi durante l’assemblea di Unindustria Rimini. Aggiungendo: “Io sono un democratico, non ho alcuna ambizione di questo tipo: mi sembra una esternazione del momento”.

Dopo aver bocciato il sogno di Renzi e Marchionne, il numero uno degli industriali italiani ha comunque aggiunto che “se il sindacato non si mette al passo con i tempi rischia fortemente, gli ultimi scioperi hanno avuto risultati modestissimi e il tesseramento è ridotto ai minimi termini”. Dunque “penso si debba fare delle domande perché non può diventare solo il sindacato dei pensionati“. “Il mondo si muove a velocità diverse dal passato, bisogna che il sindacato lo capisca e si regoli di conseguenza. Noi come Confindustria siamo pronti a dialogare”, ha avvertito Squinzi, che durante l’ultima assemblea di viale dell’Astronomia ha evocato una “manina anti impresa” attiva in seno al governo e nei giorni scorsi ha protestato contro l’idea di mettere una pezza al buco della reverse charge introducendo una nuova clausola di salvaguardia nella forma di un aumento degli acconti Ires e Irap a carico delle imprese.

Quanto al dibattito sull’ampliamento della contrattazione aziendale, verso cui Squinzi ultimamente ha spinto molto sostenendo che occorre legare di più retribuzioni e produttività, venerdì il fondatore di Mapei ha fatto una parziale marcia indietro: “Sono in favore del contratto nazionale di lavoro”, ha detto. “E’ vero che in questo momento ci sono oltre 200 contratti nazionali di categorie varie, questo mi sembra un’esagerazione. Probabilmente bisogna andare verso un accorpamento: avrei in testa una ventina di contratti nazionali. Però il contratto nazionale ci deve essere, io sono un sostenitore, io ci credo”.

 

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