Marcello Dell’Utri ha realizzato un abuso edilizio costruendo, senza autorizzazioni, una casa sull’albero in un’area soggetta a vincoli. È la decisione della Cassazione, che ha respinto il ricorso dell’ex senatore e convalidato la condanna a 8 mesi di reclusione emessa dalla Corte d’Appello di Milano nel gennaio 2014.
Nelle motivazioni della sentenza si legge che Dell’Utri avrebbe dovuto informarsi sugli eventuali vincoli paesaggistici dell’area sulla quale andava a costruire un’opera di così “rilevanti dimensioni”. Inoltre quello dell’ex senatore, che sta scontando una pena a sette anni per concorso in associazione mafiosa, non è stato un errore, c’è stata”la pacifica prosecuzione dei lavori nonostante fosse stato emesso l’ordine di sospensione”. Nella sentenza d’appello, la sospensione condizionale della pena era subordinata alla demolizione entro 90 giorni dell’opera. Demolizione cui non avrebbe potuto più provvedere, avendo nel frattempo venduto la proprietà. Lo stesso Dell’Utri rivelò, in un’intervista, che l’acquisto era stato fatto da Berlusconi.
In sostanza quindi, la Cassazione è d’accordo con i giudici di merito circa la casetta sull’albero nella Villa di Torno, sul lago di Como: “le dimensioni non avevano giustificazione rispetto a tale limitato utilizzo” e “all’invocata, meramente contemplativa, destinazione”. L’obiezione sollevata dalla difesa era incentrata sull’idea che la costruzione fosse costruita in legno e facilmente rimovibile. Inoltre la Sovrintendenza competente avrebbe concesso parere di compatibilità paesaggistica al progetto di “bird watching”.
La storia è iniziata nel 2009. A seguito di una segnalazione anonima, il Comune ha scoperto la casetta di Dell’Utri. Sono scattati quindi la denuncia, l’ordine di demolizione e la condanna in primo grado, a seguito della quale l’ex senatore si era lamentato dicendo che “è una casa sull’albero, una cosa bellissima, stupenda, tutte le barche si fermavano a vederla, è una moda che dilaga nel mondo. Ci si mette lì per osservare la natura, gli uccelli, leggere libri, conversare e bere un tè, ma non l’ho mai finita perché non me l’hanno fatta finire: qualche comunista del paese ha denunciato e poi è arrivato il giudice, uno che avrà problemi sociali, non vede le cose, una condanna per una cosa che non esiste”.
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