Scontro all’assemblea di Federacciai sul piano del governo Renzi per il salvataggio dell’Ilva di Taranto. La riunione si è tenuta a due giorni dall’annuncio che è stato firmato il decreto ministeriale sulle garanzie per gli investitori che parteciperanno alla società a partecipazione pubblica che dovrebbe essere incaricata di ristrutturare e rilanciare il siderurgico. Il numero uno della federazione Antonio Gozzi, confermato al vertice dopo l’arresto lampo in Belgio seguito da immediata scarcerazione, ha infatti colto l’occasione per criticare il commissariamento del gruppo di cui è ancora azionista di maggioranza la famiglia Riva, deciso dall’esecutivo a inizio anno, e le condizioni produttive e finanziarie dell’impianto. Con il risultato che il direttore generale del gruppo, Massimo Rosini, si è alzato e se ne è andato.

“Sono da sempre stato contrario ai commissariamenti”, ha attaccato Gozzi. “Personalmente li considero un esproprio senza indennizzo. Credo che quella dell’Ilva di Taranto sia una macchia sulla reputazione del Paese“. Definizione, quella di “esproprio”, ripetuta poco dopo dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che ha anche bollato come “irrazionale e incomprensibile” quanto accaduto all’Ilva. Ma l’amministratore delegato di Duferco non si è fermato qui e ha rincarato la dose affermando che “questo vulnus alla proprietà dell’azienda non ha portato risultati né sul fronte ambientale, né su quello industriale. Anzi. L’azienda versa in condizioni preoccupanti dal punto di vista produttivo e finanziario”. Secondo Gozzi “bisogna uscire da questa storia prima che sia troppo tardi, altrimenti si arriva a un punto di non ritorno”, ma “c’è poco tempo” perché il patrimonio iniziale di 2,5 miliardi dell’Ilva è “azzerato” dopo due anni di gestione commissariale: “Un tentativo disperato di fare cassa che ha portato a condotte commerciale che hanno provocato gravi perturbazioni sul mercato”.

Ora, ha detto il manager che è anche presidente del club calcistico di serie B Entella, la spesa necessaria per far ripartire l’impianto è di “2-2,5 miliardi“. In particolare “servono 300-400 milioni di investimenti sugli impianti. Ogni mese poi si perdono varie decine di milioni. Per far ripartire l’altoforno 5 servono altri 250-300 milioni, cui va aggiunto il circolante per la produzione, che è di circa 1-1,5 miliardi“. Si tratta di somme che sono relative al solo periodo che “va da inizio 2015” e, secondo Gozzi, almeno “fino a metà 2016 e anche oltre” nulla si sbloccherà. Quanto agli 1,3 miliardi sequestrati ai Riva in teoria “sbloccati” dal giudice per gli interventi di risanamento ambientale a Taranto, Gozzi ha sottolineato che Ubs non li metterà a disposizione finché non ci sarà una sentenza.

Il dg di Ilva Rosini ha reagito lasciando l’assemblea. “Non condivido per nulla l’analisi del presidente Gozzi e le cifre da lui indicate non trovano alcun riscontro nei risultati della società”, il suo commento. “In questi anni le gestioni commissariali e dei manager che si sono succeduti, con il supporto pieno e convinto del governo, hanno salvato Ilva dal fallimento, che avrebbe messo sulla strada 16mila lavoratori e pregiudicato un pezzo importante dell’industria nazionale. Ma forse è proprio questo a cui miravano alcuni competitor nazionali e internazionali“. Riferimento non velato alla Duferco di Gozzi. Dal canto suo il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, che era all’assemblea, ha sostenuto che “la soluzione che abbiamo individuato era ed è l’unica possibile e compatibile con gli obiettivi” di salvaguardia dell’ambiente e dell’occupazione. “Ogni altra strada avrebbe condotto a un problema enorme di natura sociale e ambientale, prima ancora che industriale”.

Il leader dei Verdi Angelo Bonelli ha poi risposto a distanza a Gozzi dicendo che “l’unica vera macchia per la reputazione dell’Italia rispetto alla vicenda dell’Ilva è quella, indelebile, del dolore e delle lacrime dei cittadini tarantini”.

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