Sidoti240Era il 1990 e a Spalato nell’allora Jugoslavia si tenevano per la quindicesima volta i Campionati Europei di Atletica Leggera. Fine agosto, non avevo ancora undici anni, il calcio per Totò Schillaci e il ciclismo, per il Giro di Bugno, erano al primo posto fra i miei interessi sportivi, non certo l’atletica. Qualcosa mi attirò e attraverso il televisore mi trovai incollato per una settimana (col cuore per sempre) alla pista dello Stadio Poljud.

Uno scricciolo di 150 centimetri che mulinava le gambe al modo della marcia e ancheggiando “gioiosamente” conquistava l’oro dei 10 km di marcia. Aveva 21 anni Annarita Sidoti da Gioiosa Marea in provincia di Messina e fu la sorpresa di un’edizione molto positiva per l’Italia. Figlie e figli del Sud fruttarono alla causa azzurra 4 medaglie d’oro: la doppietta 5000-10000 di Totò Antibo da Altofonte, i 3000 siepi di Francesco Panetta da Siderno e poi lei, Annarita. Gareggiando contro le “giganti” della disciplina fu lei stessa un gigante capace di vincere ancora l’oro europeo a Budapest nel 1998 e quello mondiale ad Atene nel 1997.

Candidò Cannavò in un fondo sulla Gazzetta dello Sport la definì come uno “Scricciolo d’oro”. Una carriera sportiva piena di medaglie e soddisfazioni che io ho sempre seguito dopo quel “fulmine a ciel sereno” di Spalato. Era una piccola grande donna che dalla Sicilia arrivava al trono d’Europa e io entrai in estasi anche per i successi dell’altro siciliano, Totò Antibo. La mia regione era protagonista in positivo ed io a 11 anni percepì il riscatto della mia terra conquistato col sacrificio e col sudore. Totò e Annarita erano i volti profondamente siciliani e le gambe solide di un sogno sportivo che andava oltre, era orgoglio.

Annarita Sidoti che dopo Sara Simeoni è la donna più vincente dell’atletica italiana ha concluso la sua carriera sportiva nel 2002, poi il ritorno alla vita di donna, moglie e mamma. A riflettori spenti, nel 2009 lo scontro col nemico peggiore, il cancro che l’ha portata a spegnersi oggi, 21 maggio 2015 a soli 45 anni. L’ultima grande lezione di Annarita è stata la lotta orgogliosa al male che lei stessa definì “un avversario che non molla mai, che può ucciderti prima l’anima del corpo. Ma questa battaglia non la vincerà”. No Annarita! Il male non ha vinto, la tua “anima” splendeva già a Spalato e continuerà a splendere nel cuore dei tuoi tre figli e di chi, come me, ti ricorderà “gioiosamente” vincente.

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