Eduardo Lara era un giurista cubano, presidente della Società cubana di diritto costituzionale. Purtroppo ci ha lasciato qualche tempo fa dopo una vita spesa al servizio della Rivoluzione. Lo conobbi oramai anziano, un uomo minuto, ma pieno di idee e di energia. Con mille episodi da raccontare della sua vita lunga e ben spesa. Uno fra i tanti: ci raccontò di quando il Che lo andò a chiamare dopo che lui aveva espresso delle critiche ad alcuni aspetti del sistema. Ci andò con qualche inquietudine, ma Guevara lo accolse in modo molto cordiale e gli diede ragione su tutto, impegnandosi ad apportare le necessarie modifiche richieste.

Invitai Eduardo, anni fa, in un paio di occasioni a tenere delle conferenze in varie parti d’Italia, nelle quali illustrò il sistema politico ed istituzionale cubano, che ovviamente conosceva a menadito. Ne emerse un quadro ben diverso dai luoghi comuni che abbondano sulla stampa italiana di regime per alimentare le scarse idee e le povere informazioni degli aspiranti lobotomizzati che poi le ripetono come dischi rotti. Mi riferisco in particolare agli slogan senza senso sul “totalitarismo”, la “crudele dittatura”, e via sallustiando.

Un aspetto particolarmente importante, che torna oggi in auge per vari motivi, è costituito dal sistema elettorale cubano. Uno dei motivi di questo interesse, ma probabilmente minore, visto che non si capirebbe perché in altre occasioni non abbia attirato altrettanta attenzione, è che di recente (domenica 19 aprile) si sono svolte a Cuba le elezioni municipali, con la partecipazione di oltre sette milioni di cittadini pari a ben l’85% degli 8.536.670 aventi diritto. Percentuali ben superiori a quelle che oramai purtroppo, grazie anche a Renzi e alla sua campagna di delegittimazione della rappresentanza e della democrazia e della sua strenua fedeltà al pensiero unico del capitalismo neoliberista, si registrano da noi, anche in Regioni un tempo note e lodate per il loro civismo come l’Emilia Romagna.

Si badi bene che le elezioni comunali a Cuba non sono, come da noi, momenti tutto sommato minori della lotta politica e della partecipazione democratica, finalizzate esclusivamente a designare un sindaco e dei consiglieri che poi si daranno da fare, nel limite dei confini sempre più ristretti permessi dalle politiche di taglio del bilancio e di compressione delle autonomie territoriali, per soddisfare interessi più o meno leciti.
A Cuba le elezioni municipali costituiscono invece il primo passo di un processo partecipativo dal basso verso l’alto. Su tale base si procede infatti all’elezione dei delegati provinciali e di quelli nazionali. Chiunque può presentare la propria candidatura e il Partito comunista non presenta propri candidati. Tanto è vero che alle ultime elezioni si sono presentati anche due candidati che si sono autodefiniti di opposizione, l’avvocato e giornalista Hildebrando Chaviano, di 65 anni e l’informatico Yuniel Lopez, che hanno totalizzato rispettivamente 138 e 233 voti. Non sono stati eletti ma hanno dichiarato di essere soddisfatti della loro esperienza. Esperienza che costituisce un indubbio segno della vitalità e della flessibilità del sistema. Un unico limite: l’impossibilità di modificare il carattere socialista del Paese, ai sensi dell’art. 62 della Costituzione.

Il quale afferma a chiare lettere quanto segue: “Ninguna de las libertades reconocidas a los ciudadanos puede ser ejercida contra lo establecido en la Constitución y las leyes, ni contra la existencia y fines del Estado socialista, ni contra la decisión del pueblo cubano de construir el socialismo y el comunismo. La infracción de este principio es punible“. Principio al quale, del resto, il popolo cubano ha manifestato in varie occasioni il suo profondo attaccamento, ad esempio quando moltissime assemblee popolari hanno discusso le riforme economiche proposte da Raul Castro, che sono passate solo con molte precisazioni e vincoli. Che ci volete fare, il popolo per sua natura è portato ad apprezzare i diritti sociali e quando teme che glieli tolgano si innervosisce. Un vero guaio, questa democrazia! Tanto più se, come a Cuba, si regge su di un sistema sperimentato di partecipazione popolare la cui estensione e qualificazione avranno luogo nel quadro degli auspicati nuovi rapporti di collaborazione a tutti i livelli con gli Stati Uniti (sempre che il Congresso a maggioranza repubblicana non decida di sollevare ostacoli alla necessaria e positiva normalizzazione dei rapporti, eventualità questa da scongiurare a tutti i costi).

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