Volendo banalizzare, si può dire che il Tesoro ha preso due piccioni con una fava. Da un lato potrà ridurre un po’ l’enorme zavorra del debito pubblico, che ha appena raggiunto il nuovo record di 2.169,2 miliardi di euro, dall’altro risolverà – attraverso un corposo aumento di stipendio – il rebus del rinnovo dei vertici di una delle aziende pubbliche candidate alla privatizzazione.

Al centro dell’operazione c’è Enav, la società che si occupa del controllo del traffico aereo, di cui l’anno scorso l’esecutivo ha deciso di mettere sul mercato fino al 49 per cento. Lunedì l’assemblea, convocata dall’azionista unico che è appunto il ministero dell’Economia, ha deliberato una riduzione per 180 milioni del capitale sociale “nell’ambito del processo di valorizzazione e privatizzazione della società stabilito dal governo”. Tradotto: l’azienda si appresta a restituire a via XX Settembre 180 milioni. Che verranno prontamente utilizzati per ridurre l’indebitamento dello Stato. Così il governo, che nel Documento di economia e finanza ha dovuto ridimensionare la portata del piano di cessione delle sue partecipazioni, incassa senza vendere. E dribbla la difficoltà di trovare un acquirente, inevitabile visto che da quest’anno le tariffe che percepisce dalle compagnie aeree per il servizio di gestione del traffico si ridurranno di oltre 60 milioni.

Ma non basta: per far fronte alla riduzione del capitale Enav ha contestualmente avviato il processo per l’emissione di un prestito obbligazionario al fine di “reperire la necessaria liquidità“. Dunque l’azienda, che a fine 2013 aveva un indebitamento di 80 milioni e a fine 2014 ha ottenuto dalla Banca europea per gli investimenti un prestito da 180 milioni, aumenterà la propria esposizione finanziaria. Una mossa “utile ad accreditare l’azienda presso i mercati finanziari e testare concretamente l’interesse degli investitori”, recita il comunicato diffuso lunedì sera. Ma utile soprattutto per consentire al governo di nominare finalmente, dopo un anno di stallo, il nuovo amministratore delegato dell’azienda.

L’incarico dell’ex ad Massimo Garbini, nominato da Mario Monti nel 2011 con l’intento di fare pulizia dopo anni di scandali, è infatti scaduto nel maggio 2014. Ma il governo Renzi non è mai riuscito a insediare il successore. Slittamento dopo slittamento, a settembre l’incarico è stato affidato ad interim alla presidente Maria Teresa di Matteo, vice capo gabinetto del ministero dei Trasporti. Il nodo? Lo stipendio. I nuovi tetti agli emolumenti degli amministratori delle società pubbliche prevedono che il numero uno dell’Enav non possa prendere più di 249mila euro. Ma l’emissione di un bond, appena messa in pista, cambia tutto. Perché fa passare di diritto Enav nel perimetro delle aziende a cui non si applica il tetto: a essere graziate sono infatti le società quotate in Borsa ma anche le non quotate che però “emettono titoli negoziati su mercati regolamentati”. Così i paletti saltano e l’azienda potrà decidere la busta paga del futuro ad – stando a indiscrezioni il candidato più papabile sarebbe l’ex ad di Alenia Aermacchi Giuseppe Giordo – senza i lacci e lacciuoli legati a necessità di contenimento della spesa.

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