Ecco un irrottamabile. Palazzo Chigi fa sapere da tempo di volerlo mandare via, ma lui rimane e non si schioda dalla poltrona. Il nome di Mauro Masi, ex direttore generale della Rai (al momento – tiene a precisare il diretto interessato – “in aspettativa non retribuita a costo zero per l’amministrazione”), figura ancora al secondo posto della lista dei dirigenti di prima fascia della presidenza del Consiglio, consultabile sul sito istituzionale del governo alla voce “ruolo dei dirigenti”(aggiornato al 7 gennaio del 2015, ecco il pdf). Ma dai piani alti della struttura a cui fa capo Matteo Renzi, assicurano, che starebbero “già predisponendo un decreto per togliere dal ruolo di dirigente”.

Ad oggi nulla, tuttavia, è cambiato rispetto a quanto rivelato dal fattoquotidiano.it il 21 novembre del 2014, quando si fece luce sulla doppia poltrona di Mauro Masi. Contemporaneamente dirigente in aspettativa di Palazzo Chigi dal maggio del 2009 e presidente della Consap, spa concessionaria dei servizi assicurati pubblici. Fatto sta che una norma, che si trova all’interno delle disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato (decreto legislativo 165 del 2001), prevede che “nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in aspettativa non può superare i cinque anni”. Ma già nel novembre scorso l’ex capo del Dipartimento Editoria, Mauro Masi, aveva oltrepassato il limite dei cinque anni di aspettativa da circa sette mesi.

All’epoca la presidenza del Consiglio che in un primo momento preferì restare in silenzio, non appena venne diffuso l’articolo del nostro giornale, rivelò che il segretario generale Mauro Bonaretti aveva già provveduto a inviargli una lettera ufficiale in cui scaricava tutte le responsabilità sullo stesso Masi, scrivendo espressamente che si sarebbe dovuto mettere a disposizione della presidenza del Consiglio prima della scadenza dei termini dei cinque anni di aspettativa. Di più: “A tale riguardo, si rappresenta che questa Amministrazione – si legge nella lettera di Bonaretti inviata a Masi e in possesso del fattoquotidiano.it – procederà ai conseguenti adempimenti in relazione alle disposizione”. Insomma, il messaggio dei vertici di Palazzo Chigi sembrava chiaro e netto: il rapporto è da considerarsi cessato.

Evidentemente tra il novembre scorso e l’inizio del nuovo anno qualcosa è andato storto. Mauro Masi, che della vicenda è parte in causa, risponde così: “Ho ricevuto la lettera e ho risposto ai primi di dicembre dando un parere giuridico puntuale e preciso del miglior giuslavorista italiano per cui i termini della aspettativa sono tuttora in corso. Non le posso dire di più perché adesso ho un consiglio di amministrazione”. Questa è la versione di Masi. Una risposta piccata che di certo cela un braccio di ferro fra uno dei figli del giannilettismo e Palazzo Chigi. Ma, secondo la ricostruzione fornita a Ilfattoquotidiano.it, a seguito della lettera di Masi la presidenza del Consiglio si sarebbe rivolta all’Ufficio legale della Funzione pubblica per un parere. E proprio qualche giorno fa sarebbe arrivata la risposta positiva che darebbe ragione a Palazzo Chigi. Un braccio di ferro che si dovrebbe concludere con un decreto presidenziale con cui Masi perderebbe la poltrona di dirigente. Anche se per ora di carte bollate non c’è traccia.

@GiuseppeFalci

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