A trent’anni dal primo condono edilizio, i conti non tornano. Né dal punto di vista ambientale né da quello economico. Tre sanatorie, la prima nel 1985, le altre nel 1994 e nel 2003, hanno portato allo Stato solo 16 miliardi di euro, facendo sempre registrare entrate al di sotto delle aspettative. Nel 1985 l’erario ha riscosso il 58% del gettito previsto, nel 1994 il  71%, nel 2003 addirittura il 34%.

Ad ogni costo
Ecco una delle sorprese che spunta da un rapporto del Cresme, il Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’ Edilizia e il Territorio, sui condoni varati per sanare l’abusivismo edilizio. Un rapporto ricco di cifre e curiosità che offre anche uno spaccato impietoso sui costi che l’Italia ha dovuto sopportare  in termini economici e di devastazioni ambientali. Si scopre per esempio che ammontano a circa  362.000 le case abusive realizzate dal 1994 ad oggi. Di queste, solamente il 30% è stato costruito in aree  densamente edificate e già attrezzate da un punto di vista urbanistico. Il restante 70% si è sviluppato invece in aree di scarsa densità e prive dei servizi necessari. Da qui un duro salasso per le casse pubbliche. La spesa media che gli enti locali hanno dovuto affrontare per i costi di urbanizzazione (fogne, acqua, strade, eccetera) è stata infatti di 24.000 euro per ogni abitazione, per un totale di 8,7 miliardi di euro a fronte dei 4  miliardi di oneri pagati dai proprietari. Chi decideva di mettersi in regola, infatti, sosteneva in media una spesa che si aggirava intorno agli 11.000 euro. Si è avuto, dunque, un disavanzo per alloggio pari a  13.000 euro per un totale di 4,7 miliardi. Ma non basta. Dallo studio si scopre pure che se lo Stato, invece di condonare, avesse semplicemente proceduto multando gli abusivi e abbattendo le costruzioni irregolari avrebbe facilmente e semplicemente incassato  5,1 miliardi di euro.

Colata a picco
Anche nel 2003 il condono edilizio si è rivelato un pessimo affare per i Comuni: a fronte di un importo medio di 15 mila euro versato per il singolo abuso, gli enti locali ne hanno spesi in media 100 mila per portare  strade, fognature e altre infrastrutture. Questo per i condoni storici. Ma attenzione, anche successivamente gli italiani hanno continuato a costruire illegalmente. Tra il 2003, anno dell’ultima sanatoria, e  il 2011, il Cresme ha censito la cifra record di 258 mila nuove case abusive, per un giro di affari illegale che, secondo una stima di Legambiente, si aggira intorno ai 18,3 miliardi di euro. Arrivando a tempi più recenti, nel 2013, tra case realizzate ex novo e  ampliamenti di volumetria in immobili preesistenti, sono stati invece calcolati 26 mila nuovi abusi. Una cifra che rappresenta oltre il 13 per cento del totale delle nuove costruzioni. A questa colata di cemento fuorilegge si deve poi sommare il vecchio abusivismo, quello precedente al 2003 e non più condonabile.

Cemento selvaggio
Altra pagina inquietante del rapporto Cresme -che verrà presentato oggi in un convegno promosso dal Movimento 5 Stelle (“Trent’anni dal primo condono, un anno di sblocca Italia: che fare?”) -quella relativa ai cosidetti  “condoni dimenticati”, ossia i casi legati a tutte le pratiche giacenti negli uffici tecnici dei Comuni italiani e in attesa ancora di essere esaminate. Sommando le tre sanatorie (1985, 1994 e 2003) nei capoluoghi di provincia italiani sono state depositate 2.040.544 domande di regolarizzazione, di cui ben il 41,3% risulta ancora oggi inevaso. Con il rischio che finiscano sul mercato, in vendita o in affitto, abitazioni che potrebbero, invece, essere destinate all’abbattimento. “L’Italia è l’unico Paese in Europa che ha miseramente delegato al privato il governo del territorio con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti -accusa Claudia Mannino, deputata del M5S -Purtroppo si è fatto ricorso ai condoni soprattutto per fare cassa”. Con un ultimo rimpianto della portavoce grillina: “Perché il governo di Matteo Renzi non ha approfittato del semestre europeo per rilanciare la grande partita della salvaguardia del suolo?”.

 

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