Stato islamico conquista KobaneLa pista del denaro jihadista è una rete che si estende lungo tutto il web. Gli americani se ne sono accorti questa settimana durante il processo contro i 6 bosniaci presunti finanziatori dei gruppi armati sunniti, tra cui anche lo Stato Islamico

La stampa americana è rimasta di stucco di fronte alla semplicità delle operazioni di finanziamento: costoro hanno infatti usato Western Union e PayPal ed hanno comunicato via Facebook. Ancora più sorprendente è l’utilizzo degli uffici postali per spedire materiale bellico, dalle tute mimetiche fino agli accessori della guerra, prodotti acquistati in America, magari anche da Walmart.

Perché sorprenderci? Il modo migliore per non passare inosservato è non cercare di nascondersi. Ogni giorno milioni di immigrati spediscono soldi a casa usando Western Union o PayPal ed un numero simile di pacchi viaggia verso i loro paesi di origine. Negli uffici postali non esiste un sistema di controllo su cosa viene inserito nei pacchi, esiste però un limite massimo giornaliero imposto dalla Western Union, circa 300 dollari, oltre questo ammontare dovrebbero iniziare a suonare i campanelli d’allarme. Basta quindi inviare cifre al di sotto di questa soglia per passare inosservati.

Se è vero che monitorare le rimesse degli immigrati, i doni per i familiari a casa o le chat online sui social media è impossibile, è anche vero che sia l’antiterrorismo che l’FBI, e persino la CIA, possono facilmente “tenere d’occhio” la diaspora mussulmana proveniente dalle zone di guerra. Ciò non significa discriminare costoro, ma assicurarsi che in queste comunità non si sia intrufolato il morbo della radicalizzazione. E’ ciò che dal 2001 fanno gli inglesi e gran parte degli europei.

Fino ad oggi tutti i cittadini americani che si sono recati in Siria ed Iraq per entrare nelle fila nello Stato Islamico o di gruppi armati simili provenivano da famiglie appartenenti o vicine alla diaspora mussulmana. Rientrano in questo profilo gran parte degli stranieri che da tutto il mondo hanno risposto alla chiamata alle armi del nuovo Califfo. Anche se ancora non abbiamo le prove, gran parte di costoro hanno lasciato alle spalle un sistema di supporto che si è attivato una volta raggiunta la Siria o l’Iraq.

L’antiterrorismo europeo insieme con quello americano ed australiano sono ormai convinti che esista una fitta rete di aiuti simile a quella scoperta recentemente negli Stati Uniti legata ai combattenti stranieri ed alla quale costoro hanno accesso. Difficilissimo bloccare un sistema di questo tipo perché, come spiegato sopra, si nasconde in quello delle rimesse degli immigrati. Senza una soffiata o la conferma che questi soldi finiscono nelle tasche dei gruppi armati in Medio Oriente per l’antiterrorismo intercettarli è un po’ come cercare un ago nel pagliaio.

La triangolazione preferita è quella che usa la Turchia, l’Arabia Saudita ed altri paesi del Golfo quale punto d’arrivo. Da queste nazioni è poi facile contrabbandare denaro ed attrezzature nelle zone di guerra. Più a rischio è utilizzare la Bosnia, il Kossovo e ciò le zone di provenienza della diaspora anche se è più facile trovare gli intermediari giusti. Queste infatti spesso sono regioni ancora monitorate a livello internazionale. Ed infatti l’errore dei finanziatori serbi è stato proprio quello di servirsi anche di complici in Bosnia.

Quanto importanti sono gli ‘aiuti’ stranieri provenienti dalla diaspora mussulmana? Difficile stimarne il volume, ma sicuramente questo denaro è importante per i combattenti stranieri, contribuisce ad aumentarne l’importanza. In guerra il denaro è un grosso attributo, a volte di maggior valore anche del coraggio. Contare sugli aiuti da casa è un segno di grande distinzione.

Prosciugare questo fiume di denaro non distruggerà lo Stato Islamico ma di certo renderà più difficile la vita dei combattenti stranieri.

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