A sentire il governatore Rosario Crocetta era stato un incontro normalissimo. Da una parte del tavolo c’era il presidente della Sicilia, accompagnato dall’assessore al bilancio Alessandro Baccei; dall’altra il sottosegretario Graziano Delrio e i ministri dell’Economia e dell’Ambiente Pier Carlo Padoan e Luciano Galletti. “Nel corso dell’incontro si è stabilito di costituire tre tavoli di lavoro congiunti tra Regione siciliana e governo nazionale.

Il primo si occuperà di questioni generali al Mef, di finanziaria e del settore salute, il secondo alla Funzione pubblica, si occuperà di partecipate e riorganizzazione del pubblico impiego, il terzo all’Ambiente, si occuperà della questione rifiuti e del sistema idrico” scriveva Crocetta in un comunicato stampa diffuso nella serata di ieri (il governatore, da quando ha licenziato in tronco l’ufficio stampa ha dichiarato di scriversi i comunicati da solo). Passano poche ore ed ecco la doccia fredda: il premier Matteo Renzi ha deciso di commissariare la Sicilia. Non un commissariamento tout court, non ancora: al momento il presidente del Consiglio ha intenzione di avocare al governo centrale soltanto la questione dei depuratori.

“Ieri ho fatto una riunione sugli impianti di depurazione per la Sicilia: c’è più di un miliardo di euro tecnicamente fermo ed è ingiusto e inaccettabile. Il commissariamento è l’unica strada e ho chiesto di procedere rapidamente senza guardare in faccia nessuno” dice Renzi nella sua enews. Il governatore Crocetta, fermo ancora ai tre tavoli tecnici stabiliti nella riunione di ieri, casca dalle nuvole. “Onestamente non ne so nulla: e neanche capisco per quale motivo ci commissaria ora che ci stiamo muovendo”. Eppure il nodo degli impianti di depurazione non è certo argomento nuovo per il governo regionale. Già nel 2012 la Corte di Giustizia dell’Unione europea condannò 57 comuni siciliani per inadempienza rispetto alla direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane: tra questi, ben 27 comuni erano completamente sprovvisti di reti fognarie. Oggi la situazione non è migliorata: secondo il ministero delle Infrastrutture ben sei comuni su dieci in Sicilia continuano ad essere sprovvisti di fognature e depuratori a norma. In più i 1.161 milioni di euro previsti dai fondi strutturali europei per la realizzazione di fogne e depuratori è fermo: su 93 opere previste, in appena 14 casi esiste un progetto cantierabile. “Allo stato attuale non c’erano garanzie, ci sono diverse delibere Cipe che hanno assegnato 1,6 miliardi di euro per la costruzione delle reti idriche e delle altre opere. Alla Sicilia spettano un miliardo e cento milioni di euro per 93 opere. Su questa materia siamo sotto infrazione europea e solo la Sicilia, nel 2016 costerà 180 milioni di euro: non si poteva rimandare oltre” spiega Erasmo D’Angelis, a capo della cabina di regia sulle infrastrutture.

Il problema dei depuratori dei comuni siciliani era già approdato a Bruxelles con un’interrogazione depositata al parlamento europeo dal Movimento 5 Stelle. “L’Unione europea ha avviato una procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria concernente il trattamento delle acque reflue urbane che coinvolge 175 agglomerati urbani siciliani: c’è una palese inadempienza amministrativa della Sicilia ed un totale appiattimento della macchina di governo regionale, incapace al momento di approvare progetti, di fare bandi e supportare i comuni” scriveva il capo delegazione Ignazio Corrao nell’ottobre scorso. E infatti oggi il premier Matteo Renzi ha deciso di esautorare il governo regionale: dal primo marzo in Sicilia arriverà un commissario che dovrà coordinare la realizzazione delle opere. E poco importa che Crocetta non ne sia informato in tempo: il rischio è che le sanzioni europee per i ritardi della Regione Siciliana superino quota 160 milioni di euro. E i comuni rimangano ancora senza impianto fognario.

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