Nel calendario della Scala l’appuntamento è fissato da tempo. Il primo maggio è in programma la prima della Turandot diretta da Riccardo Chailly, evento con cui il teatro milanese dovrebbe accompagnare l’inaugurazione dell’Expo. Dovrebbe, perché quel giorno è anche la festa dei lavoratori. E la rappresentazione dell’opera di Puccini rischia di saltare. Tutti e 13 i delegati della Cgil, infatti, hanno annunciato che saranno in piazza per il tradizionale corteo e diversi iscritti al sindacato potrebbero seguirli. In tutto gli iscritti alla Cgil sono circa 400-500 sui circa mille dipendenti del Piermarini, molti in quei ruoli tecnici fondamentali perché il sipario si apra. Per ora sono caduti nel vuoto i tentativi di mediazione dei vertici della Cgil, sia a livello locale che nazionale, con Susanna Camusso che nei giorni scorsi ha definito Expo un “evento eccezionale di sviluppo e crescita del tutto irripetibile” e ha invitato i lavoratori “a salvaguardare il calendario con la contrattazione”.

Anche Giuliano Pisapia, che come sindaco di Milano è presidente del consiglio di amministrazione della Scala, ha chiesto una “ulteriore riflessione”, pur nel rispetto dell’eventuale scelta “pienamente legittima” di non rinunciare alla festa. Niente da fare. Non è bastata l’offerta del Piermarini di prevedere una paga superiore del 140% rispetto al solito, più di quanto viene pagato un normale giorno festivo. Se qualcuno dei lavoratori in posti chiave non darà il suo ok, lo spettacolo non si farà. Con tanto di figuraccia mondiale, visto che l’apertura della Scala è stata pensata dalla società Expo come una delle principali iniziative del primo maggio, a cui dovrebbero prendere parte diverse autorità straniere. L’ex sovrintendente Stéphane Lissner aveva annunciato che sì, la rappresentazione ci sarebbe stata. Senza però confrontarsi prima con i lavoratori. Un errore strategico, forse. Il suo successore Alexander Pereira se n’è accorto quando a metà mese ha scritto una lettera ai dipendenti per chiedere la disponibilità a lavorare per la prima della Turandot, da comunicare con tanto di firma entro il 31 gennaio. È scoppiata subito la polemica.

Cisl, Fials e Uil hanno dato il loro via libera. La Cgil invece si è divisa: ieri i delegati e una rappresentanza di iscritti hanno confermato il loro rifiuto a lavorare a Graziano Gorla e Paolo Puglisi, rispettivamente segretario della Cgil di Milano e della Slc di Milano, ovvero la categoria dei lavoratori della comunicazione. Da una parte Gorla e Puglisi parlano di “decisione sbagliata”, di “rischio di essere strumentalizzati”, e propongono vie d’uscita come la lettura di un comunicato all’apertura del sipario che dedichi la rappresentazione a tutti i morti sul lavoro. Dall’altra parte c’è chi come il professore d’orchestra e delegato sindacale Francesco Lattuada non cambia idea: “Teniamo botta. Non c’è stato nessun tipo di apertura da parte della direzione, nessuna risposta sul futuro del teatro e la nostra posizione si è irrigidita”. Sullo sfondo alcune questioni aperte, come le trattative sul nuovo contratto aziendale da avviare dopo che la Scala ha ottenuto l’autonomia dal ministro Dario Franceschini. Solo che le trattative non possono partire finché non si insedia il nuovo cda. Troppo tardi: il 19 febbraio saranno messi in vendita i biglietti per la Turandot. Con o senza quelli per il primo di maggio.

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