Nel corso del 2014 più di mezzo milione di persone non ha più seguito i programmi della televisione. Considerando i dati Auditel, infatti, la programmazione dell’attuale Tv non sembra essere molto apprezzata. Non a caso l’unica vera novità della stagione è stata la serie Gomorra, trasmessa peraltro dalla pay.

La crisi colpisce in particolare la televisione generalista, quel modello di Tv che si rivolge a tutti, con una programmazione composta da più generi, e che si è sempre identificata nelle due reti leader, Raiuno e Canale5. Elaborando i dati Auditel, gli ascolti confermano il crollo di questo modello. Nel 2000 le due reti raggiungevano ciascuna il 23% dell’ascolto, adesso hanno il 17 e il 16%. Raidue passa dal 15% al 7%, Italia1 dall’11% al 6%. Le quattro reti sono scese dal 72% al 46%, perdendo in quindici anni 26 punti percentuali.

La “Tv-focolare”, la televisione delle famiglie, non esiste più da diverso tempo. Adesso l’audience si è frantumata nelle decine di canali, sorti grazie al digitale.

In effetti, qualche segnale positivo nella programmazione si ritrova nei “piccoli” canali free tematici, cioè quelle reti che hanno una programmazione caratterizzata da un specifico genere o che sono rivolte a particolari pubblici. Ne citiamo, come esempi, alcune, fra quelle censite dall’Auditel. Per gli amanti del cinema ci sono Iris, Raimovie, Cielo; per i bambini RaiYoYo e Cartoonito; per i giovani Dmax, RealTime, RTL102,5 e MyDeeJay. Queste reti hanno un ascolto che oscilla sull’1%.

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Al momento ci sono 85 reti nazionali free (l’ultima arrivata è Agon Channel, la rete trasmessa e prodotta in Albania). Il sistema televisivo rimane però ancora concentrato nel blocco Rai e Mediaset, che insieme raggiungono rispettivamente il 37% e il 33% di ascolto (le quote perse dalle reti generaliste, sono state recuperate dalle tematiche). Se a queste si aggiungono La7 (4%) e il gruppo Discovery (6%), si arriva all’80% dell’ascolto complessivo.

Nonostante questa massa consistente di canali, dove è possibile ritrovare dei bei programmi, rimane il giudizio negativo sulla nostra televisione.

La spiegazione di questa deriva è soprattutto economica. La Tv generalista ha sempre avuto il vantaggio di essere percepita come gratuita dall’ascoltatore (essendo finanziata dalla pubblicità). Finché la pubblicità ha copiosamente sovvenzionato la Tv generalista, tutto ha funzionato al meglio: la programmazione poteva sorreggersi su consistenti investimenti e il pubblico la premiava con alti ascolti. In base alle informazioni riportate da Econmedia si può verificare che, appena la crisi economica ha fatto crollare, dal 2001, gli investimenti delle aziende in pubblicità, la Tv generalista ha visto ridursi di netto le risorse. Sono calati di riflesso gli investimenti sui programmi e questo spiega la caduta verticale della qualità della programmazione e la conseguente fuga dei telespettatori.

Molti, in particolare chi ha le possibilità economiche, si sono nel frattempo abbonati alla pay, generando così una spirale positiva, per cui è la pay a investire maggiormente sui programmi, acquisendo le serie cult e i film top, gli avvenimenti sportivi più importanti, a cominciare dal calcio, in modo da attirare sempre più abbonati.

Nei fatti si sono create due Tv: una televisione “povera”, per la scarsa qualità della programmazione, la Tv generalista, e una “ricca”, la Tv a pagamento. Una novità per chi ha sempre considerato la televisione un servizio universale “gratuito” (perché finanziato dalla pubblicità e da un canone relativamente contenuto).

A fronte di questo processo, sarebbe bene che la Tv generalista riscopra quelle capacità creative che l’hanno caratterizzata fino a non molti anni fa.

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