In Italia l’affluenza alle urne non è mai stata così bassa. Le ultime elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria hanno segnato un record negativo. Nel nostro Paese ha sempre votato più dell’80% degli elettori alle politiche e almeno il 70% alle regionali. Questo dato è stato quasi dimezzato nell’ultima tornata: 37,7% in Emilia Romagna e 44% in Calabria.

Fra le cause identificate: disaffezione politica, che porta a ritenere inutili le elezioni “tanto non cambia niente” arrivando fino all’antipolitica del “non do il mio voto a questa gente”; un altro fattore è quello identitario, specialmente nel Pd. Chi non riconosce più il suo partito preferisce non votare per niente piuttosto che votare altri. Dei motivi si è parlato abbondantemente, ma poco delle soluzioni.

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Come si portano gli elettori alle urne? Se i problemi elencati non possono essere risolti, perché fanno parte del cambiamento dello scenario politico ritenuto necessario da alcuni leader, o per assenza di alternative, è la comunicazione a darci una mano. Nelle democrazie col problema dell’astensionismo, come gli Usa (nel 2012 ha votato meno della metà degli aventi diritto, e alle ultime elezioni mid term impressiona il dato dei giovani fino a 29 anni: solo il 13% di loro ha votato), sono stati fatti molti esperimenti. Credo sia il caso di dargli un’occhiata prima che l’episodio italiano delle regionali diventi una triste costante.

Le leve usate sono quelle che influenzano realmente le nostre decisioni. Quindi nulla che abbia a che fare con la razionalità, che come dico sempre non è alla base dei nostri comportamenti. Troveremo infatti molti termini e tecniche delle quali abbiamo parlato in altre occasioni. A metterle insieme, aiutandoci a comporre un quadro dettagliato dell’irrazionalità dell’elettore, è finalmente un autore italiano, Matteo Motterlini ordinario di Filosofia della scienza all’Università San Raffaele di Milano, che nel suo ultimo libro La Psicoeconomia di Charlie Brown dedica un capitolo alla politica.

Il mezzo più efficace per riattivare gli elettori si è rivelato essere  il porta a porta. Obama ne ha fatto una scienza, anche Hollande in Francia ne ha fatto largo uso. Mandare degli attivisti di casa in casa può aumentare l’affluenza fino al 9%. Per capire l’importanza di questo numero possiamo confrontarlo coi volantini, i quali attivano solo un elettore su centomila e l’invio di cartoline che mobilita lo 0,6%; ancora peggio sono le telefonate, si rivelano inefficaci, in Italia perfino controproducenti.

Il porta a porta permette un contatto personale, fondamentale per svolgere alcune operazioni efficaci come le seguenti.

Far prendere un impegno. Chiedendo al cittadino se ha intenzione di andare a votare e facendosi riferire la pianificazione della sua giornata con domande come “a che ora andrai al seggio?”, “da dove?”, “cosa farai prima?”, si farà leva sul principio di impegno e coerenza: se prendiamo pubblicamente un impegno proveremo un forte disagio interiore nel non mantenerlo. La paura di essere giudicati come bugiardi e inaffidabili, persone non di parola, è abbastanza fastidiosa da spingerci a portare a compimento la promessa. Più l’elettore avrà programmato nel dettaglio le attività della giornata, più agirà automaticamente il giorno del voto.

Il principio di coerenza può essere sfruttato ancora meglio lavorando sui dettagli. Se il volontario esordisce con un’affermazione come “sappiamo che lei ha votato in passato” suggerisce un comportamento futuro coerente con quello passato; parlando dell’importanza di essere un elettore -e non semplicemente di andare a votare-, restituirà a lui l’identità di elettore, alla quale si sentirà ancorato.

Un’altra leva molto efficace è quella dell’effetto gregge. Ne abbiamo già parlato riguardo ai sondaggi, ma anche in termini di mobilitazione al voto è molto utile. Le persone hanno la tendendo a fidarsi della decisione presa dalla maggioranza. Più il contesto è incerto, più ci si affida alla saggezza della folla.

Diffondere i dati sull’alto astensionismo infatti contribuisce ad aumentarlo. “Se nessuno va a votare perché dovrei andarci proprio io?” si chiedono in molti dal divano. Ma se non vogliamo sacrificare l’informazione trasparente in nome della spinta gentile, possiamo divulgare un altro tipo di messaggio prima della data delle elezioni: “Gli italiani sono un esempio virtuoso nell’esercizio della democrazia, l’affluenza al voto in Italia è più alta che in molti altri Paesi”. Campagne come questa provocheranno un effetto positivo, facendo leva sull’identità di elettore e la riprova sociale (effetto gregge).

Durante lo spoglio, in caso di bassa affluenza nelle prime ore, sarà più utile riportare il numero di elettori anziché la percentuale. “180mila elettori alle ore dodici”, seppur pochi, suona meglio de “l’8%”.

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