Schmidheiny parla di “teoria del complotto” e di un processo ingiusto. Ma intanto la Procura di Torino continua ad indagare su di lui, nonostante lui chieda allo Stato di archiviare tutti i processi come quello principale. Una delle tre inchieste che lo riguardano condotte dai pm Raffaele Guariniello e Gianfranco Colace è appena chiusa e poggia sull’accusa più dura: questa volta si indaga per la morte di mesotelioma di 256 persone. L?ipotesi di reato è omicidio volontario con l’aggravante dei motivi abietti (la volontà di profitto) e del mezzo insidioso (l’amianto). Le vittime sono decedute per mesotelioma pleurico dal 1989 ad oggi. Sessantasei sono ex lavoratori degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato e Cavagnolo. Gli altri sono residenti. Nella documentazione allegata all’atto di chiusura indagini ci sono le consulenze fatte sulle analisi, caso per caso, dei mesoteliomi di cui si ammalarono le vittime, oltre alle testimonianze di molti casalesi e cavagnolesi. La procura ha configurato l’omicidio volontario perché ritiene che l’indagato, nonostante sapesse della pericolosità dell’amianto, avrebbe “somministrato” comunque fibre della sostanza.

Ma ci sono altre due inchieste in corso su Eternit. La prima si riferisce agli italiani deceduti dopo aver lavorato negli stabilimenti in Svizzera e Brasile. La seconda riguarda l’amiantifera di Balangero, nel Torinese, la più grande cava d’amianto d’Europa: uno studio epidemiologico ha messo in evidenza 214 casi di morte e qui Schmidheiny è indagato perché la struttura entrò per qualche tempo nella galassia Eternit.

La Cassazione intanto prova ad aggiustare il tiro, nel polverone di polemica anche politica di queste ore. L’ufficio stampa della Suprema corte spiega che il collegio di giudici si è occupato solo del disastro ambientale: “Non erano oggetto del giudizio i singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, dei quali la Corte non si è occupata”. La nota dei giudici del Palazzaccio aggiunge che la corte “ha dovuto, però, prendere atto dell’avvenuta prescrizione del reato essendosi l’evento consumato con la chiusura degli stabilimenti Eternit, avvenuta nel 1986, data dalla quale ha iniziato a decorrere il termine di prescrizione”.

Eppure per qualcuno il concetto resta. A prescindere dal reato. “E’ una sentenza del tutto inaspettata – ha detto Paolo Liedholm, che rappresenta l’Associazione familiari vittime dell’amianto, aveva ribadito a Radio24 – assolutamente demenziale, di fronte a una storia così che vede ancora oggi persone che muoiono a ritmo di 50-60 l’anno”. Secondo Liedholm “dire che tutto questo è prescritto, quando in realtà sappiamo che l’apice non è ancora arrivato e sarà solo tra 15 anni, è una cosa paradossale – aggiunge – assurda e che ci fa fare davvero una brutta figura agli occhi del mondo”.

Di certo la comunità di Casale Monferrato non ci sta. Il sindaco Titti Palazzetti ha proclamato il lutto cittadino. Il primo cittadino è sceso in piazza con i suoi concittadini per protestare contro la pronuncia della Suprema corte. Casale, dice Palazzetti, si propone come guida di un “movimento di giustizia” di livello mondiale. Con lei decine di altri sindaci del Casalese hanno partecipato alla manifestazione. “Già domani avremo qui a Casale – ha annunciato – una prima riunione in municipio con rappresentanti di dieci Paesi stranieri, dal Brasile al Giappone, dagli Stati Uniti alla Francia, dalla Svizzera ad altri”. La riunione è solo una delle tante iniziative che Casale intende prendere “a tutela della dignità, della giustizia e della vita, contro l’imperante logica del profitto per la quale il denaro conta più della vita umana”.

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