L’Europa chiede la riforma del lavoro? “Con tutto il rispetto parlando l’Europa può anche andarsene a fanculo“. Il presidente della Repubblica dice no “ai conservatorismi” di chi si oppone alle modifiche? “Qualcuno ci prende per il culo dopo che è stato mantenuto dagli italiani a fare il politico come deputato dal 1953”. Firmato Beppe Grillo. Per chi ancora avesse dubbi sulla posizione del Movimento 5 stelle, il leader scrive sul blog la sua opinione in merito al ddl delega del Jobs act in discussione al Senato in queste ore. L’articolo 18 non si tocca”, continua. 

Mentre Matteo Renzi da New York fa sapere che la questione sarà risolta all’interno del Partito democratico in direzione, in patria deve fare i conti con una dura opposizione. “Il mio impegno è molto chiaro -dice in un’intervista al Wall Street Journal – realizzare le riforme indipendentemente dalle reazioni. La riforma del mercato del lavoro è una priorità in Italia e se i sindacati sono contrari, per me non è un problema. Io vado avanti”. Dalle parole di critica dei più polemici ai fatti, la strada è lunga. La minoranza democratica attacca e poi si sfila: ci sono 7 emendamenti pronti e quelli potrebbero limare il provvedimento. Ma non è detto che vadano avanti. “Se un segretario”, commenta l’ex leader Pd Pierluigi Bersani e tra i più critici del provvedimento, “come penso dovrebbe, vuole trovare una sintesi sul Jobs Act, secondo me non solo è possibile, ma anche abbastanza agevole: basta volerlo”. Ad annunciare battaglia poi ci sono naturalmente i sindacati. Anche se la segretaria Cgil nelle scorse ore ha fatto sapere che è pronta “a discutere sui tempi della prova del lavoratore. La sospensione dell’articolo 18 resti temporanea”. Una prima apertura che potrebbe fare comodo al presidente del Consiglio.

Già nelle scorse ore, l’M5S aveva definito “riforma infame” il provvedimento del governo. Un lungo articolo del professore Aldo Giannuli aveva provocato la minoranza Pd: “Che cosa aspettano a cacciare il premier? Sono diventati democristiani?”. Tanto era bastato per far intendere ad alcuni che l’M5S volesse schierarsi con i dissidenti democratici. Terrore nelle fila di riformisti e civatiani che subito hanno negato di avere lo stesso piano in testa. Ora Grillo fa il bis sul blog e torna ad attaccare: “E’ una riforma per ricattare i lavoratori che possono essere licenziati senza giusta causa. Qui, qualcuno deve ancora spiegare le ragioni per cui togliere diritti ai lavoratori come l’abolizione dell’articolo 18 possa far ripartire l’economia. Senza certezze un lavoratore investirà di meno, la banca gli negherà un prestito”. E poi ancora: “I lavoratori si sono guadagnati quei diritti minimi con decenni di lotte e non li cederanno alla massoneria o alle banche che hanno distrutto intere economie con la bancarotta della finanza del 2008. L’equazione che vogliono far passare questi pescecani è semplice: chiudere i buchi della finanza internazionale con la sottrazione dei diritti sociali. Trasformare i lavoratori in schiavi. E per farlo, da noi hanno messo lì un vecchio e un bambino”.

A difesa del premier si è scomodato anche l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne: “Lasciatelo lavorare in pace”. Ora arriva la difesa del ministro del lavoro Giuliano Poletti: Non possiamo fare pasticci all’italiana. Non ci si può fermare davanti a dei tabù. Noi abbiamo bisogno di dare fiducia e chiarezza perchè ci siano investimenti. Queste sono le linee di fondo, vogliamo andare avanti nei tempi dati. Mi pare che ci siano le condizioni per affrontare questa discussione e farla nel modo giusto”. A proposito, invece, dei quasi 700 emendamenti presentati per l’aula di palazzo Madama, “molti sono figli di una volontà di esprimere una opposizione, ce ne sono tanti di M5S e tanti di Sel. Sono dentro l’attività parlamentare, sono in qualche misura nella norma, se proprio non fisiologici perché gli emendamenti dovrebbero essere tutti finalizzati ad un miglioramento sostanziale del provvedimento”.

Il presidente del Consiglio è convinto che in direzione Pd lunedì 29 si risolveranno i problemi. Ma restano molti critici all’interno del partito: “Davanti alle difficoltà”, dice Corradino Mineo ad Agorà (Rai 3), “invece di ammetterle, dire la verità e trovare alleanze solide, Renzi trova un nuovo nemico da asfaltare. Ora ha scoperto che bisogna asfaltare Bersani e Camusso ma questo meccanismo muscolare genera incertezza”. Parlando della direzione del Pd, Mineo aggiunge poi che “lunedì avremo un altro sbrego alla Costituzione. Si chiede che i nuovi equilibri del Pd mettano a tacere, senza neanche un dibattito, i gruppi parlamentari”

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