Una riforma vera e propria del sistema portuale nostrano, la cui urgenza è stata sottolineata anche dall’Unione Europea, resta ancora da scrivere. Ma il piglio ‘decisionista’, almeno a parole, del governo Renzi, ha preso di mira anche il settore dei trasporti, strategico per la ripresa. Seppure in uno solo degli articoli, il 29, il decreto Sblocca Italia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato scorso, affronta proprio il tema della portualità e pone parziale rimedio a uno dei principali limiti dell’attuale assetto, la dispersione delle (poche) risorse disponibili a causa dei troppi centri di decisione locali. Il primo comma dell’articolo, intitolato “pianificazione strategica della portualità e della logistica”, fa esplicito riferimento alla riduzione delle Autorità portuali, attualmente 24. Il ‘taglio’ è però rinviato a una riforma organica della legge 84/94, che ha istituto questi enti esattamente vent’anni fa e ne regola il funzionamento.

Il grosso dell’intervento viene affidato quindi al Parlamento, che dovrà trovare un accordo per la riforma delle authority. Ma nello Sblocca Italia si stabiliscono alcune tappe: entro 90 giorni dalla conversione in legge, il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti dovrà preparare un “piano strategico nazionale della portualità e della logistica”. Nello stesso articolo, il governo impegna poi le Autorità portuali a fornire al ministero guidato da Maurizio Lupi un dettagliato rendiconto delle opere infrastrutturali programmate o già in corso d’opera in ogni porto. Sarà proprio sulla base di queste informazioni che il dicastero stenderà il “piano strategico”, indicando gli interventi considerati prioritari.

In sostanza, e qui sta il primo vero elemento di novità, il governo si riappropria della responsabilità di coordinare gli investimenti in materia di infrastrutture portuali, con l’obiettivo di evitare la dispersione delle risorse e concentrare i limitati fondi disponibili sulle opere realmente necessarie. Una decisione che farà piacere specialmente ai principali porti italiani, quelli che, grazie a una serie mirata di investimenti, avrebbero chance reali di competere con i grandi scali del Nord Europa. Mentre scontenterà gli scali portuali minori, a cui difficilmente verranno concessi finanziamenti di entità significativa a causa della famosa ‘coperta corta’. Se quindi molte associazioni del settore si sono affrettate a commentare positivamente questa prima decisione del governo in materia di portualità, presto potremmo assistere a un primo assaggio di quello spettacolo che si ripeterà poi, inevitabilmente, quando bisognerà approcciare la questione delle Autorità portuali da tagliare: un’ennesima battaglia dei campanili, tipicamente italiana, per difendere gli orti locali e i benefici che le nomenclature partitiche ne traggono.

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