In Italia succede sempre così. Se hai un problema, o te lo risolvi da solo, o paghi qualcuno perché te lo risolva, oppure ti rivolgi al volontariato. Capita poi, alcune volte, che a fare leva sul sostegno volontario, non sia direttamente il singolo, ma addirittura lo Stato poco sociale. Accade per la ricerca, per la cura delle malattie rare, per le persone anziane, per la scolarizzazione dei bambini, per gli asili nido vinti con i punti della lotteria. 

Accade ed è accaduto persino nel caso di grandi catastrofi naturali quali inondazioni, esondazioni, terremoti, frane e smottamenti: la risposta dello Stato poco sociale è sempre stata la stessa, che fossero i cittadini a mettere le mani al portafoglio, alla coscienza, alla busta paga (per il terremoto in Abruzzo, mentre c’era chi brindava, ai dipendenti pubblici arrivò una circolare per la detrazione in busta paga della quota Abruzzo).

Questa volta la chiamata è arrivata per sostenere i familiari dei bambini disabili, per cui lo Stato poco-sociale, ha provveduto persino a regolamentare la solidarietà tra colleghi attraverso le cosiddette “ferie solidali”. Si tratta di un emendamento a firma della leghista Emanuela Munerato e contenuto nel job act del governo per cui i genitori di minori gravemente malati o disabili potranno godere delle ferie eccedenti di colleghi “solidali” che vorranno cederle loro.

Il punto controverso è che una normativa così impostata serve solo a deresponsabilizzare lo Stato a scapito dei suoi cittadini. E’ un provvedimento che vorrebbe assolvere al disagio e alla solitudine di milioni di famiglie, in modo del tutto estemporaneo e frammentario, attraverso il supporto di terzi (privati cittadini), dribblando così facendo le responsabilità dirette che un sistema integrato di welfare dovrebbe quanto meno assumersi.

E se questo provvedimento  è rinnegato persino dalle famiglie dei bambini disabili o gravemente malati, qualche domanda non sarà il caso di porsela?

Di domande, le famiglie coinvolte, primo fra tutti il Coordinamento nazionale famiglie disabili, se sono poste molte. In primo luogo, i criteri assunti per la cessione delle ferie: perché solo in presenza di minori? In caso di disabilità, ad esempio, con gli anni il disagio tende ad acuirsi. In questo caso che si fa? Qual è l’alternativa? e poi, chi sono i minori inclusi nel provvedimento e quali invece gli esclusi? Qual è il grado di malattia, disagio e handicap per cui è possibile ricevere le ferie da un collega? Ma soprattutto: una famiglia che convive con il dramma di un bambino gravemente malato, ha bisogno di beneficenza o di assistenza qualificata? Di ferie solidali oppure, per dirne una, di un prepensionamento che consenta al genitore di stare accanto al figlio malato? Di un favore da parte di un collega o di servizi da parte dello Stato?

E allora va bene tutto, va bene il volontariato (prezioso e unico), va bene donare e donarsi, va bene mettere mano al portafoglio e alla propria coscienza. Va bene soprattutto riuscire a vivere guardando all’altro. Quella che non va bene è che questa forme di assistenzialismo siano le uniche forme di sostegno su cui un cittadino possa contare e che viaggino in via esclusiva, in solitudine, con forze spesso insufficienti. Quello che non va bene è alimentare un sistema per cui un cittadino più fortunato sia responsabile in via esclusiva di uno meno fortunato, tanto da avere meno diritto alle ferie, meno diritto al temo libero e meno diritto a stare con la propria famiglia. I diritti sono diritti, valgono per tutti, e sono tali in quanto universali. Tutti ne devono poter godere in eugual misura. Quello che cambia invece, da famiglia a famiglia, è il bisogno dei servizi e la necessità del tempo. In tal senso le famiglie con una persona disabile o malata in casa, ne hanno bisogno più di altre. Ma la disponibilità di quel tempo prezioso o di quei servizi essenziali, non può essere ceduta sotto forme volontarie da un altro cittadino. Deve essere invece regolamentata attraverso un sistema di vero welfare, che non si riduca alla cessione di ore feriali, ma preveda un insieme di garanzie, assistenza domiciliare, politiche sociali e sostegno degni di questo nome.

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