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Tari, a Cremona protesta di commercianti e artigiani: “Non pagheremo”

E se sarà il caso, cioè se “dal Comune non arriveranno buone notizie”, fanno notare le rappresentanze sindacali delle imprese, lo stesso accadrà “anche per la terza e ultima tranche”, a metà novembre. Uno sciopero fiscale, niente di più niente di meno
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Clamorosa protesta, che andrà avanti ad oltranza, delle associazioni di categoria di commercianti e artigiani, che a Cremona non pagheranno la seconda rata della Tari, la nuova tassa sui rifiuti, in scadenza il 16 settembre. E se sarà il caso, cioè se “dal Comune non arriveranno buone notizie”, fanno notare le rappresentanze sindacali delle imprese, lo stesso accadrà “anche per la terza e ultima tranche”, a metà novembre. Uno sciopero fiscale, niente di più niente di meno. È la proposta che le cinque associazioni di categoria della provincia, ConfCommercio, Asvicom, Confesercenti, Cna e Confartigianato, hanno lanciato alle imprese associate. E non solo a quelle che subiscono il salasso della nuova tassazione. Tutte le aziende infatti sono state chiamate a “partecipare” all’astensione fiscale, in segno di “solidarietà con chi è maggiormente penalizzato”. Si è ventilata anche l’ipotesi di oscurare le vetrine, spegnendo luci e insegne in segno di protesta. Estrema forma di contestazione che le associazioni prenderanno in considerazione solo in ultima battuta, se dall’amministrazione locale non arriverà un provvedimento netto e risolutivo.

“L’unica risposta che ci è stata data finora – va giù duro il rappresentante di Cna – è che ‘la legge dice così e noi applichiamo la legge’ o peggio ancora ‘abbiamo ereditato questo problema e noi non abbiamo colpa’. Ma il sindaco e i suoi assessori sono stati chiamati dai cittadini a cercare di risolvere i loro problemi”. Mai, aggiunge, “ci saremmo immaginati di dover arrivare a tanto, tant’è che la prima rata è stata regolarmente pagata nella speranza che qualcuno percepisse la reale gravità del problema”. Rilancia ConfCommercio: “Non è possibile che cinquemila aziende paghino il 43% del costo complessivo di un servizio che interessa circa 35mila utenze. E non è giusto che per rimediare all’errore, l’amministrazione stanzi un fondo di solidarietà irrisorio se confrontato agli incrementi dei bollettini. Così come non è accettabile che con una legge che impone il principio del ‘paghi per quanto produci’ che risale a quindici anni fa non si sia fatto alcun rilevamento, facendo poi pagare il conto alle imprese”. Gli aumenti sconsiderati cozzano con l’andamento dell’economia, con una ripresa che non c’è, con consumi ai minimi storici e stipendi tornati ai livelli di trent’anni fa. Lo scopo è di ottenere dal Comune il ricalcolo degli importi 2014 e la condivisione dei criteri per stabilire i nuovi coefficienti 2015. È stata inoltre chiesta l’istituzione di una commissione paritetica, oltre all’incremento del fondo di solidarietà. Quello stanziato, di 100 mila euro, è giudicato troppo esiguo per far fronte ad aumenti che per fioristi e commercianti di ortofrutta ha superato il 400% e per i gestori di ristoranti e pub hanno raggiunto il triplo dell’importo del tributo del 2013. Un fondo di garanzia che non basta a dare sollievo alle imprese particolarmente colpite dall’imposta, che sono oltre un migliaio.

E in un’occasione in cui non ce n’era alcun bisogno, c’è stato spazio anche per una polemica tra le associazioni. Qualcuno ha fatto notare che solo tre su cinque hanno esplicitamente parlato di sospensione del pagamento; le restanti lo avrebbero fatto intendere solo velatamente. La sostanza, essendo stato sottoscritto un accordo da tutte le rappresentanze, comunque non cambia. E la mobilitazione è solo all’inizio.

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