Al tema che vorrei sottoporre alla vostra attenzione ho già accennato qualche settimana fa ed è ha già dato un contributo, da par suo, Nanni Delbecchi nella sua rubrica di critica televisiva. Ma la cosa è troppo importante e significativa per lasciarla perdere. Ieri sera si è conclusa una miniserie che, se vivessimo in un paese televisivamente civile, sarebbe diventata il caso dell’anno. Mi riferisco a quel Call the Midwife, straordinario prodotto della BBC, importato e messo in onda da Retequattro con il titolo banalotto L’amore e la vita.

L’ultima puntata ha raccolto 800.000 spettatori per un 4% abbondante di share. Un po’ poco sia in percentuale, sia in termini assoluti, anche tenendo conto della settimana post-ferragostana, scandalosamente poco in rapporto al valore del programma. Si tratta infatti di una fiction di straordinaria qualità: appassionante, commovente, divertente, con un’operazione di ricostruzione storica di un’epoca (gli anni cinquanta inglesi) esemplare. Nessuna concessione al bozzettismo, mai una scivolata nel patetico, soluzioni registiche narrative sempre sorprendenti, grande rigore e durezza nella rappresentazione di una società che visse lacrime e sangue, dolori e ingiustizie; il tutto intercalato da irresistibili spunti di humour inglese.

Insomma, un piccolo capolavoro televisivo, anzi grande, perché anche la televisione può produrre capolavori. Call the Midwife supera e surclassa i modelli di fiction a cui siamo da anni pigramente abituati: quello nazionale con le sue edulcorazioni e le sue semplificazioni, ma anche quello, tanto celebrato, americano con le sue pretenziose stramberie ad uso di un pubblico giovanilistico e modaiolo. Finalmente una fiction europea, nell’accezione più nobile e positiva del termine. Detto tutto questo, tutto il bene possibile dell’oggetto e della rete che l’ha scoperto e messo a nostra disposizione, restano due interrogativi sul suo impiego. Il primo riguarda la Rai che si è lasciata sfuggire un prodotto tipicamente da servizio pubblico, realizzato dalla consorella inglese e che, proprio per questo, avrebbe dovuto tenere d’occhio e portare a casa.

Pensate a quale meravigliosa operazione di divulgazione culturale si sarebbe potuta fare, grazie a Call the Midwife, in una sinergia tra una rete generalista e Rai storia. Il secondo riguarda la pur meritevole Retequattro che, avendo un simile tesoro nel cassetto, l’ha tirato fuori per mostrarlo a tutti ad agosto, quando il pubblico è scarso e distratto. E’ vero che in altri periodi la concorrenza è più forte e ci sarebbero stati altri prodotti in grado di attirare su di sé l’attenzione, ma suvvia! La serie era così bella, così forte che, ben promossa e proposta, avrebbe potuto lasciare il segno su tutta una stagione televisiva.

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