La moglie sgozzata in salotto, e i corpicini della figlia Giulia di 5 anni e del piccolo Gabriele di 20 mesi stesi nella cameretta e nel letto matrimoniale, anche loro con la gola tagliata. Sono questi i fermi immagine che Carlo Lisi si è trovato davanti agli occhi quando domenica mattina è rientrato nella sua villetta di Motta Visconti (Milano), dopo aver visto la partita dell’Italia a casa di amici. E’ stato lui a chiamare il 118 poco dopo le 2 di notte. Ora toccherà ai carabinieri di Abbiategrasso e del Nucleo investigativo di Milano guidato dal tenente colonnello Alessio Carparelli mettere insieme i tasselli di questo triplice omicidio. 

Per farlo sono partiti da Lisi, l’ultima persona a vedere in vita la moglie Cristina Omes, 38 anni, e i figli, e la prima a vederli morti. Il 32enne, commercialista a Milano, ha passato tutta la notte davanti ai carabinieri e al magistrato di turno. E ha lasciato la caserma di Abbiategrasso solo nella tarda mattinata di domenica.

Gli investigatori non escludono nessuna pista; il Procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, pur premettendo che “nessuna pista al momento è esclusa e che non ci sono indagati” ha però aggiunto che “gli accertamenti procedono a ritmi serrati”. Ma ci sono ancora dei nodi oscuri da sciogliere. Durante il sopralluogo nella villetta a un piano di via Ungaretti, non è stata rinvenuta traccia dell’arma utilizzata per la mattanza. Poi c’è la cassaforte, trovata aperta e svuotata dei contanti contenuti definiti “di poco conto”. Ma né sul forziere né sulla porta di ingresso sono state rilevate effrazioni macroscopiche. Un dettaglio che da solo non basta a escludere l’ipotesi della rapina finita nel sangue. Al tempo stesso gli inquirenti precisano che l’elemento della cassaforte aperta potrebbe essere frutto di una messa in scena. A mancare, oltre all’arma del delitto è il movente, per trovare il quale si sta scavando nei rapporti privati della coppia, apparentemente buoni anche se alcuni testimoni invece avrebbero raccontato ai giornalisti di gravi problemi.

 

Il lavoro certosino dei carabinieri ha permesso già di cristallizzare la scena del massacro. Ma gli elementi raccolti finora spingono il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, a sottolineare che non ci sono elementi per ipotizzare nemmeno un omicidio-suicidio. Cioppa comunque è sembrato fiducioso: “Le indagini procedono a ritmi serrati”, facendo intuire che nelle prossime ore potrebbero emergere delle piste concrete. E forse anche il movente e dell’assassinio. Il procuratore ha comunque precisato che “‘non ci sono ancora indagati”. Qualche risposta in più per inquirenti e investigatori potrebbe arrivare dalle analisi del Ris di Parma, che tra domenica sera e lunedì mattina potrebbe arrivare nella villetta a un piano alla periferia di Motta Visconti.

Erano “una coppia serena, felice, senza alcun problema e molto affiatati”. Così sono ricordati Cristina Omes e Carlo Lisi dagli abitanti di Motta Visconti. I due erano sposati da sei anni e vivevano con i bambini nella villa della zona residenziale di Motta Visconti. La casa, su un solo piano e con un grande giardino, è di proprietà della famiglia di Cristina. Fino a qualche tempo fa vi abitava anche la madre della donna che però, alla morte del padre, si era ritirata in un appartamento lasciando la casa più grande a disposizione della figlia e del genero. Cristina era conosciuta da tutti perché originaria del paese: “Lavorava come impiegata alle assicurazioni Sai a Motta. Ha sempre aiutato l’oratorio – racconta un residente – e prima del secondo figlio faceva la volontaria per la Croce Rossa”.

Il sindaco Primo De Giuli coglie l’occasione per lanciare a caldo l’allarme sicurezza: “E’ da tempo che assistiamo a una escalation di reati a Motta Visconti, soprattutto furti in abitazioni”.

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