“Pregiatissimo giornalista professionista, spero di farle cosa gradita informandola sul corso di formazione dell’Ime finalizzato al sostenimento della prima prova della selezione 100 giornalisti Rai“. Inizia così la lettera firmata dall’istituto di Ancona che molti cronisti iscritti all’albo dei professionisti stanno ricevendo in queste ore in vista del concorso nella tv pubblica. Un invito che arriva nella cassetta delle lettere anche di chi non ha presentato la propria candidatura per l’azienda statale. In molti, infatti, non ricordano di aver concesso il via libera al trattamento di informazioni personali all’organismo del capoluogo delle Marche che si occupa di preparare i candidati ai concorsi.

In questo caso il costo di partecipazione è di 1229 euro più Iva per due weekend. “Cinquanta ore di formazione full immersion sulle materie che toccano l’ordinamento dello Stato, norme sulla stampa e sul sistema radiotelevisivo, tutela della privacy e contratto giornalistico”, si legge nella lettera. Nella quota di iscrizione sono compresi anche i testi, volumi di cui i professionisti però sono già in possesso in quanto necessari per superare l’esame di idoneità professionale. Mentre la quattro giorni è prevista in “una struttura convenzionata di Pesaro che consentirà il massimo comfort a costi ridottissimi: 50 euro al giorno”. Con la promessa che “il percorso le farà riscoprire la sua capacità di concentrazione, con positivi riflessi nell’ambito lavorativo”.

La lettera si chiude con un numero di telefono da contattare “per ogni chiarimento”. Il primo dubbio riguarda proprio sui modi con cui l’istituto marchigiano sia riuscito a entrare in possesso di informazioni che riguardano cronisti iscritti, e non, al concorso. La spiegazione la fornisce Maurizio Romano Conte dell’Ime: “La nostra società – dice a ilfattoquotidiano.it – si occupa solo di corsi di formazione. Le info sensibili ci sono state girate da una banca dati”. Precisamente da quella della Gieffe edizioni, che tramite Guerrino Fioravanti ci spiega come “l’indirizzario consensato, da girare anche a terzi, è stato fornito dal database del Centro di documentazione giornalistica”. Non manca però chi si dice sicuro di non aver mai firmato il trattamento sulla privacy con chi “da oltre 40 anni – si legge sul sito di riferimento – produce volumi specialistici per comunicatori e professionisti del marketing e delle relazioni pubbliche attraverso libri, periodici”. Senza dimenticare che “il codice del consumo – continua Fiorvanti – non pone limiti con il professionista”.  

Insomma, nomi e cognomi, con relativo indirizzo, non sono usciti dagli elenchi della Rai, che assicurava “l’uso per consentire esclusivamente lo svolgimento della selezione cui lei partecipa”. Nella stessa missiva l’istituto marchigiano sottolinea che “l’iniziativa non ha nulla a che vedere con la Radio audizioni italiane e l’Ordine dei giornalisti”. Dall’Odg nessuna parola sulla privacy, ma il presidente Enzo Iacopino spiega che “si tratta di una iniziativa di una società privata, alla quale sono totalmente estranei l’Ordine, la Federazione nazionale della stampa e l’Unione cronisti Rai. Cogliamo l’occasione per sottolineare che non esiste alcun corso di preparazione ufficiale alla selezione pubblica”. Una nota postata su facebook, irmata anche da Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, e Vittorio di Trapani, numero uno dell’Usigrai. Il centro di documentazione giornalistica, invece, spiega che “è possibile cancellare dall’ ‘indirizzario consensato’ chi pensa di essere stato inserito per errore”. 

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