Sono pronti i primi materiali viventi. Sono fatti di organismi semplici, come i batteri, che incorporano nanoparticelle di minerali: il risultato di questo mix sono sottilissimi strati di materiali capaci di emettere luce o di condurre elettricità, e che in più reagiscono agli stimoli ambientali. Arrivano dagli Stati Uniti, dove sono stati ottenuti nel Massachusetts Institute of Technology (Mit), e sono descritti sulla rivista Nature Materials.

Nello stesso numero della rivista sono descritti anche altri materiali ispirati al mondo vivente, ottenuti imitando la madreperla. Frutto di una collaborazione che fa capo al Consiglio nazionale delle ricerche, Cnrs, sono materiali ceramici capaci di resistere a temperature fino a 600 gradi.

Anche se sono materiali molto diversi, entrambi sono stati ottenuti imitando la natura. Per esempio, il gruppo del Mit guidato da Timothy Lu si è ispirato alla struttura delle ossa e ha visto in essa una matrice nella quale sono integrati minerali e cellule viventi.

I ricercatori, coordinati da Allen Chen, sono convinti che in futuro i sottili strati di materiali ‘vivi’ che ora si trovano nel loro laboratorio potrebbero essere utilizzati per ottenere celle solari più efficienti, o materiali che si autoriparano, o ancora sensori per diagnosi mediche più precise. “È un modo interessante di pensare ai futuri materiali sintetici e molto diverso dall’approccio attuale”, ha detto Lu. Il primo batterio modificato dai ricercatori del Mit è anche il più “amato” dai biologi, l’Escherichia coli. Quest’ultimo ha infatti la capacità di moltiplicarsi in colonie che formano un sottilissimo strato omogeneo (chiamato biofilm) e capace di aderire ad una superficie grazie al componente di una proteina chiamato Csga. A questa i ricercatori hanno aggiunto una molecola che usano come navetta per catturare dall’esterno le nanoparticelle di minerali e trasportarle nel biofilm. È così che i batteri possono diventare, ad esempio, nanocavi d’oro. Introducendo minerali diversi, i biofilm possono assumere diverse funzioni: è possibile perché “le cellule ‘parlano’ fra loro, coordinandosi per controllare la composizione del materiale”. L’obiettivo, ha aggiunto Lu, è “imitare il modo in cui si formano i sistemi naturali, come le ossa. Nessuno sa ancora come sia possibile, ma le ossa generano materiale rispondendo ai segnali ambientali”.

I ricercatori francesi, coordinati da Florian Bouville, si sono invece ispirati alle perle. Seguendo un approccio diverso da quello dei ricercatori del Mit, hanno ottenute strutture ordinate imitando il processo di crescita dei cristalli e al loro interno hanno intrappolato nanoparticelle. Ispirandosi alla struttura della madreperla, hanno ottenuto materiali ceramici robusti e così resistenti da sopportare temperature fino a 600 gradi senza alterarsi.

L’articolo su Nature

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