Che a Stefano Esposito, il senatore attivista ‘anti No Tav’, piaccia molto il vocabolario ‘pesante’ non è una novità: della richiesta di ‘repressione dura e lucida‘ contro i No Tav alla certezza (sua) che la manifestante Marta Camposana si sia inventata le molestie sessuali che avrebbe subito dopo il suo arresto, la presenza mediatica del parlamentare torinese è sempre garantita da quella ‘parolina di troppo’ che fa degenerare delle opinioni politiche, un po’ radicali magari ma lecite, in gazzarre telematiche piuttosto imbarazzanti e decisamente di bassa lega. E proprio a proposito di Lega, anche il sottoscritto ha avuto la sua parte per aver osato paragonare il senatore Pd a Borghezio: qualche mese fa mi arrivò dritto-dritto sull’account FB un ‘imbecille’ a firma proprio del senatore

Cosa è successo questa volta? L’altro ieri, con uno status su Facebook, Esposito ha invocato la pena di morte per il responsabile del barbaro omicidio della mamma e del bimbo a Milano. “Non è un pensiero di sinistra ma per gente così ci vorrebbe la pena capitale”. Premessa: non sentitevi colpevoli se la stessa frase vi ha sfiorato il pensiero alla lettura della notizia; l’efferatezza del delitto può giustificare per un attimo i pensieri meno politically correct. Per un attimo appunto, giusto il tempo che l’istinto individuale di vendetta ceda il passo al raziocinio. Se questo vale per un comune cittadino, figuriamoci per chi rappresenta la nazione. E la deve rappresentare tutta, non solo i suoi sostenitori. Calma e sangue freddo, insomma, questa è la reazione che ci si aspetterebbe da un politico non il richiamo irresponsabile a soluzioni fuori dal diritto e dalla nostra civiltà giuridica: questo lo può fare il comune cittadino, sfogarsi, non il rappresentante istituzionale. Altra storia il dolore dei familiari delle vittime: che lo strazio possa far invocare loro la pena di morte o la legge del taglione è normale ed è certamente una comprensibile reazione umana di disperazione. Ma è allo stesso tempo normale che un tribunale terzo giudichi solo sulla base della legge e delle convenzioni internazionali, che sia detto una volta per tutte, in Europa hanno messo definitivamente al bando la pena capitale: lo dice la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Ue, lo dice il Consiglio d’Europa e lo ha messo in calce la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà Fondamentali. Anzi no, un paese Europeo che prevede ancora la pena capitale a dire il vero c’è ed è la Bielorussia di Lukashenko.

Tutto questo andrebbe certamente spiegato a Stefano Esposito che non è il parlamentare di una microformazione forcaiola ma milita nel partito ‘azionista di maggioranza’ della coalizione al governo. Sulla vicenda ieri, di interviste, l’onorevole ne ha rilasciate addirittura due: una ad Affari Italiani e poi una all’Huffington Post. Quale dibattito abbia sollevato, se non un vespaio di polemiche, non è dato sapere. La chiosa sulle carenze del sistema giuridico italiano, poi, lasciano basiti tanto quanto le dichiarazioni shock dell’altro ieri: chiunque mastichi un po’ di diritto, sa bene quanto complesso sia un procedimento giudiziario, quanto complesso sia il codice e quante variabili intercorrano tanto nel periodo precedente quanto in quello successivo alla condanna. Criticare le lungaggini giudiziarie italiane e le singole sentenze è lecito e rientra nella dialettica di un paese civile. Invocare la pena di morte è squallido mentre proporre l’estensione di un istituto giuridico, il 41 bis, su suggerimento di un utente di Facebook lascio decidere a voi cosa sia.

“Un assassino magari si prende un ergastolo ma dopo dieci anni è fuori per buona condotta, sconto di pena, indulto e così via. Non va bene. Non è possibile fare uscire subito persone come il ragazzo che ha ammazzato a picconate tre persone a Milano.” Verrebbe da chiedersi a cosa servano mesi o anni di udienze, migliaia di pagine di verbali e decine di professionisti coinvolti, se un procedimento si può liquidare in due righe. Senza dimenticare, a proposito del 41 bis, le preoccupazioni dell’Onu oppure le censure della Corte Europea per i Diritti Umani.

E’ opportuno trattare temi cosi sensibili con la clava, tanto per raccogliere consenso di ‘pancia’? E’ opportuno esprimersi con frasi quali “Se mi trovassi nei suoi panni e mi trovassi di fronte quello che ha scannato mio figlio lo ammazzerei con le mie mani. Vorrei sapere quanti di questi puristi del sentimento se si trovassero di fronte all’assassino del proprio figlio starebbero lì a interloquire tranquillamente o a perdonarlo”? No, nessuno starebbe lì ad interloquire ma un senatore della Repubblica non siede in Parlamento per soffiare sul fuoco del populismo e del gisutizierismo alla Charles Bronson. Assolutamente no. E’ lì per smorzare le tensioni e promuovere la cultura della giustizia. Senza buonismo, solo con buon senso.

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