Quando Il Musichiere impazzava in Italia, Elio e le storie tese non erano nemmeno nati. Mario Riva, l’impareggiabile conduttore del mitico quiz musicale, non era bello (anzi, era addirittura strabico), non era giovane (45 anni nel 1957 erano molti più di oggi) ma sprizzava simpatia da ogni poro. Nemmeno Elio, per quanto orgoglioso delle sue sopracciglia, può dirsi bello e, a 52 anni, giovane non è di certo; lo stesso dicasi per i suoi compari, che veleggiano fra i 49 e i 53.

Infatti hanno dovuto aspettare questa veneranda età per avere finalmente la possibilità di occupare la seconda serata di giovedì su Rai2 e, testuale, “fare quello che ci pare”. Cioè Il Musichione, un programma musicale con i quiz e tutto il resto (ospiti, giochi, gare) ma all’insegna, nei giorni in cui la parola bellezza soffre di inflazione acuta (da Sorrentino a Sanremo) della sua antitesi: e cioè la bruttezza. “Perché” tiene a sottolineare Elio “sono buoni tutti a fare un brutto spettacolo pensando di farne uno bello, mentre è durissimo fare il contrario, e noi ci teniamo molto a metterne su uno veramente brutto. Se poi ci viene bene, pazienza, capita a tutti di sbagliare”.

Fortunatamente, le premesse per una “cattiva” riuscita del programma ci sono tutte. A cominciare dalla sigla, in puro stile eliese, che avverte: “Il Musichione arriva dritto al cuore della gente/ lasciandola del tutto indifferente”. E se è vero che “va in onda con immagini a colori/ non devi dare tutto per scontato/ con questi pochi soldi che ci han dato/ poteva andare in onda in bianco e nero, per davvero”. Una sigla povera, dove l’orchestra suona solo l’intro “perché non ci stavamo nel budget”.

Oltre alla bruttezza, l’altra parola chiave è infatti “riciclo”. Lo studio, per esempio, è un trionfo del kitsch risparmioso: le tende sono un patchwork ottenuto dalla cucitura di tessuti usati in chissà quali altri programmi. La cabina del quiz, anzi la “gabina” come si ostinano a chiamarla bossianamente Elio & C, è addirittura quella di Portobello, programma di culto degli anni Settanta condotto da Enzo Tortora. Sul palco c’è pure una grande ruota di un qualche quiz televisivo di cui nessuno ha però memoria.

Il Musichione sarà il programma meno social che ci sia: niente facebook, niente twitter ma un centralino con persone vere a rispondere, un fax e, dicono, addirittura un telex (ma dove l’avranno trovato?). Ma non lasciamoci ingannare da tutta questa grande bruttezza. Elio e le storie tese sono prima di tutto musicisti – e che musicisti! – e sarà proprio la musica il cuore del programma. Le domande, le prove, si intuisce, sono un pretesto: “Il quiz sarà continuamente ostacolato dagli eventi che si succederanno sul palco” promette Elio. “Vogliamo fare buona musica con ottimi compagni di viaggio. Un’impresa che in Rai ha avuto pochi, anche se grandi, protagonisti: Renzo Arbore con Doc, Stefano Bollani con Sostiene Bollani”. Gli ospiti (sui quali vige una segretezza assoluta, come su quasi tutto quanto, del resto) suoneranno e canteranno senza promuovere dischi in uscita. Ma saranno anche messi in competizione fra loro, dovranno gareggiare. “Parteciperanno al quiz, insomma. Ma con una grande, strabiliante novità: a ogni risposta diremo subito se è giusta o sbagliata, e quando ci sarà il vincitore lo proclameremo immediatamente, senza tutta quella suspense alla quale il pubblico televisivo è abituato. Insomma, ci stiamo prendendo dei grossi rischi”.

Potrebbero andare avanti ore, Elio e le sue storie, a non raccontarci niente del programma e a farci sconquassare dalle risate: “Abbiamo scelto un titolo che può funzionare anche all’estero, nel caso si vendesse il format, infatti si può anche scomporre così: Music-hi-one…!”. Continuando a evocare la bruttezza fra citazioni alte (“La bruttezza del presente ha valore retroattivo”, Karl Kraus) e basse (Rocco Tanica che si becca uno scapellotto sulla nuca come il più brutto dei mitici Brutos, per chi se li ricorda). Vantandosi di fare uno spettacolo, oltre che brutto, antico (“Purtroppo ci ascolterete in stereo. Noi avevamo chiesto il mono, ma non è stato possibile”). Un antico speciale, però: “Un programma che sta alla televisione come il film Brazil di Terry Gilliam stava al cinema: un futuro pieno di cose antichissime”. Le piccole cose di pessimo gusto di gozzaniana memoria? Un grande futuro dietro le spalle, per dirla con Gassman? Per saperlo, non resta che sintonizzarsi sui Rai2, giovedì 6 marzo alle 22,55.

 

 

 

 

 

 

Articolo Precedente

Analfabetismo digitale: il virus dell’ignoranza tecnologica

next
Articolo Successivo

Oscar: la grande vuotezza

next