Un Osservatorio per monitorare i casi di respingimento scolastico, e per offrire assistenza alle mamme e ai papà stranieri che si trovano in difficoltà nell’iscrivere i propri figli alla scuola dell’obbligo. Nasce a Bologna il primo Osservatorio contro i respingimenti scolastici, uno strumento, raccontano il Coordinamento Migranti e Xm24, fondatori del progetto, “unico nel suo genere, ideato sia per individuare e segnalare tutti i casi in cui ai ragazzi stranieri arrivati in città per ricongiungersi con i propri genitori viene negata, per qualsivoglia motivo, la possibilità di andare a scuola, sia per aiutare le famiglie immigrate in Italia ad affrontare tutte le criticità connesse all’ingresso dei propri figli nel mondo dell’istruzione obbligatoria: dall’iter burocratico, fino al reperimento dei libri di testo”.

L’idea, racconta Andrea Grassia della Sim, la scuola di italiano con migranti di Bologna, prende avvio dal caso del ragazzino bengalese arrivato in città a marzo 2013 via ricongiungimenti familiari, e rimasto senza un banco per 9 mesi a causa della difficoltà, da parte dell’istituto a cui i genitori si erano rivolti, di trovargli un posto in aula. Classi già piene, condizioni di sicurezza da rispettare, pochi fondi a disposizione, procedure d’iscrizione avviate con mesi di ritardo: Xm24 aveva denunciato pubblicamente la vicenda, che poi era approdata in Parlamento, anche perché i genitori rischiavano l’intervento dei servizi sociali, e in pochi giorni un banco per il ragazzino dodicenne lo si era trovato. “Ma da quell’esperienza – spiega Grassia – abbiamo capito che c’era un problema strutturale da affrontare, un problema che non riguarda solo casi isolati, e abbiamo cercato di impostare uno strumento in grado di offrire sostegno alle famiglie di migranti di tutta Bologna”. “Il caso del bimbo bengalese, del resto, non è il primo che ci è stato segnalato – racconta Grassia –per ora non abbiamo i dati ufficiali relativi alla situazione bolognese, anche perché stiamo raccogliendo le segnalazioni e non tutti i migranti sanno che esistono realtà a cui rivolgersi in caso di necessità, ma sappiamo che i casi da seguire non mancheranno. Entro pochi giorni si chiuderanno le preiscrizioni per il nuovo anno scolastico quindi, da marzo ad agosto, a classi fatte e con nuovi ragazzi in arrivo grazie ai ricongiungimenti familiari, il problema si ripresenterà sicuramente”.

Le disfunzioni a monte delle complicazioni che le famiglie migranti devono affrontare nell’iscrivere a scuola i figli appena arrivati in Italia hanno, secondo Grassia, prevalentemente due cause: “La prima è legata ai finanziamenti stanziati dallo Stato in favore della scuola pubblica. I fondi erogati – spiega – sono praticamente bloccati da anni, col risultato che le scuole, effettivamente piene e soggette a regole di sicurezza che definiscono il numero di studenti per classe, non riescono a far fronte al continuo aumento di bimbi in difficoltà”. E poi c’è la questione logistica: “A Bologna abbiamo riscontrato una totale assenza di coordinamento tra la Prefettura, l’Ufficio scolastico e i vari istituti, tale per cui non si tiene conto, nel momento di formare le classi, che durante l’anno in Italia arriveranno bambini da inserire. Il risultato è che si perde tempo”.

Normalmente quando, ad anno scolastico iniziato, un genitore chiede a una scuola l’iscrizione del proprio figlio, spiega il Sim, anche se non ci sono posti disponibili la richiesta deve essere comunque registrata. Successivamente la scuola contatta un altro istituto per chiedere se ci sono banchi vuoti, e attende la risposta. Qualora questa sia negativa, si passa all’istituto successivo. “Intanto, però – sottolinea Grassia – i ragazzi rimangono a casa da scuola per settimane, o addirittura mesi. Oggi esistono tutti gli strumenti necessari a velocizzare questo iter, e per cominciare si potrebbe considerare l’idea di tenere, in ogni aula, un banco vuoto, proprio in previsione di questa eventualità”.

A complicare il quadro, poi, c’è la questione linguistica: spesso, infatti, i ragazzi che arrivano in Italia via ricongiungimenti familiari parlano poco l’italiano, tanto che le scuole si trovano in difficoltà ad inserirli in classi con bambini madrelingua, o sufficientemente preparati. “La soluzione però – precisa Grassia – non è certo quella di individuare classi composte esclusivamente da immigrati, come nel caso delle scuole Besta di Bologna. Formare sezioni ghetto riservate ai soli stranieri emargina, non favorisce l’integrazione”. “Noi, come Osservatorio, faremo il possibile per seguire caso per caso tutti i respingimenti familiari. Del resto, in base alla nostra esperienza, abbiamo notato che le situazioni che vengono seguite tendono a risolversi prima di quelle in cui è la famiglia da sola a portare avanti la richiesta”.

L’obiettivo è una diffusione capillare sul territorio: “Quali che siano le difficoltà tecniche, le scuole e l’ufficio scolastico devono formalmente farsi carico di tutti gli alunni, e provvedere efficacemente al loro inserimento, altrimenti si viola il diritto all’istruzione. In Italia troppo spesso questo accade, ma è una pratica chiaramente discriminatoria: i responsabili sono perseguibili legalmente e chi subisce un danno può esigere un risarcimento”.

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