Dal Nord al Sud del Paese il grido è stato uno solo: “Fateci specializzare e non andare all’estero a lavorare!”. I giovani medici italiani, specializzati e specializzandi, insieme a studenti di medicina, biologi, fisici e sanitari, hanno manifestato uniti per chiedere un cambiamento nelle politiche sanitarie e professionali, per “cambiare il paese ma senza cambiare il paese”. Da Bologna a Cagliari, da Palermo a Verona fino a Roma, i giovani camici bianchi sono tornati a protestare, dopo il sit-in di un mese fa, per il #GiovaniMediciDay, manifestazione ‘nazionale’ ma non ‘sindacale’, organizzata dall’Associazione Italiana Giovani Medici (Sigm) per chiedere a governo e Parlamento lo stanziamento urgente di fondi nel Ddl di Stabilità, in discussione alla Camera, a favore della loro formazione e condizioni di lavoro.

Vittime di “sprechi e inefficienze”, come hanno anche scritto sul Tweetmob, non ci stanno a vedersi negato “il diritto alla formazione e il diritto al lavoro”. Chiedono interventi strutturali, per una sanità “senza sprechi e inappropriatezze”, che riconosca il merito e valorizzi la qualità, perché così si liberebbero “ingenti somme utili per l’investimento su conoscenza e formazione”. La realtà di questi studenti e giovani professionisti è infatti più che mai incerta, anche alla luce dei numeri risicati per l’accesso alle scuole di specializzazione.

Il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, ha annunciato che per l’anno accademico 2013-2014 i posti previsti per i medici specializzandi saranno solo duemila, cioé meno della metà degli anni precedenti, in cui erano stati cinquemila nel 2011-2012, e 4.500 nel 2012-2013. Un numero “insufficiente”, ha riconosciuto lo stesso ministro, spiegando che il Governo “è impegnato per il reperimento di risorse ulteriori per aumentarlo”. Troppo pochi, dicono gli studenti, a fronte di oltre settemila laureati e di un fabbisogno stimato dalle regioni di ottomila specialisti. E anche alla luce del fatto, come hanno rilevato i deputati Pd, Roberto Speranza, Donata Lenzi e Filippo Crimì, che hanno incontrato i manifestanti, che “tra il 2013 e il 2023 andranno in pensione circa 100mila medici”. Oggetto della protesta anche “la scarsa considerazione rivolta alla formazione specifica in medicina generale, nonchè la disparità di trattamento nei confronti dei corsisti di medicina generale e degli specializzandi non medici”. Questi ultimi chiedono infatti l’equiparazione delle condizioni economiche e contrattuali degli specializzandi ‘non medici’ a quella degli ‘specializzandi medici’. “Ci viene richiesta la frequenza obbligatoria di 8 ore al giorno per 5 anni – spiega Francesco Corrente, rappresentante di biotecnologi, chimici, veterinari – tutti i giorni da lunedì a sabato ma non abbiamo nessun diritto previdenziale, niente malattia, niente maternità. Dobbiamo frequentare timbrando il cartellino e eseguire analisi di routine in ospedale, senza avere un euro, mentre gli specializzandi in medicina, nelle stesse condizioni, percepiscono 1800 euro al mese”.

Il primo passo del #GiovaniMediciDay è il sostegno a numerosi emendamenti presentati alla camera al ddl Stabilità la cui approvazione andrebbe incontro alle richieste dei manifestanti. “Se per gli anni a venire ci si potrebbe giovare dei Fondi strutturali Europei – spiegano sul loro sito – nell’ambito della programmazione comunitaria in atto in fase negoziale, rimane l’emergenza per i prossimi due anni accademici, per cui dovrebbero essere reperiti almeno 100 milioni di euro annui per garantire la dotazione di contratti di formazione degli anni precedenti e garantire la contrattualizzazione dei corsisti di medicina generale e degli specializzandi non medici iscritti alle scuole di specializzazione di area sanitaria”. Dopo la giornata del 12 dicembre, annuncia la Sigm, la Campagna #GiovaniMediciDay continuerà per stimolare i lavori parlamentari sul ddl di Stabilità, e tratteggiare #lasanitàchevogliamo in previsione della definizione del Patto per la Salute.

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