FATTO FOOTBALL CLUB 13A GIORNATA - I bianconeri passano a Livorno. Mentre nessuna delle altre sei squadre che seguono in classifica riesce a vincere. SONDAGGIO - Seconda sconfitta consecutiva per il Napoli, distanziato in classifica da Roma e Juventus. Che succede ai partenopei?
LA GIORNATA Antonio Conte come Chateaubriand, teorico della restaurazione, e sul campionato italiano torna lo spettro dell’Ancien Régime: la Juventus è di nuovo in testa al campionato. Come sempre, come nelle due precedenti e vittoriose edizioni, rispetto cui lo stesso tecnico bianconero ha ancora più punti dopo 13 giornate, a conferma di un cammino imponente dell’arancia meccanica bianconera anche in una giornata di campionato in cui nessuna delle altre sei squadre che seguono in classifica riesce a vincere. Dal Napoli crollato in casa con il Parma all’Inter fermata da Curci e dalle traverse a Bologna, dalla Fiorentina battuta dall’Udinese fino al Verona sconfitto nel derby. La stessa Roma dei record, al di là del risultato della partita di stasera col Cagliari, sente il fiato sul collo e la pressione nelle gambe: nonostante il suo fantastico campionato non è riuscita a scrollarsi di dosso le forze della restaurazione bianconera. E in una giornata a tinte bianconere, dopo lo schiacciante 3-0 sul Napoli la Juve ha vinto anche a Livorno ed è tornata là in alto, dove tutti l’hanno sempre vista, dove la vecchia signora sempre è stata, indipendentemente dal tempo, dalle guerre e dai governi.
Sono le larghe intese tra Tevez e Llorente, che i più ottimisti già paragonano a Sivori e Charles, a far uscire vincente la Juve dalla trappola preparata dall’ottimo allenatore del Livorno Nicola. Una Juve che gioca a memoria, e dove quindi Conte può permettersi il colpo a effetto di schierare Vidal come difensore centrale, cosa che non può fare Benitez che a fronte di un abbondante plotone offensivo in difesa e a centrocampo non ha alternative, e forse nemmeno gli uomini giusti. Sabato sera contro il Parma Hamsik lasciato a riposo per la Champions entra e si fa subito male, salterà anche il Borussia, e se davanti le invenzioni dei funamboli non si concretizzano, dietro non si costruisce e non si imposta, e quando a fine partita Cassano guadagna lentamente campo fino a tirare indisturbato per il gol partita, si capisce che urgono rimedi in fase di mercato. E’ la seconda sconfitta consecutiva, e il Napoli non è raggiunto dall’Inter al terzo posto solo per l’ottima prestazione di Curci e per l’incredibile quantità di gol sbagliati dagli uomini di Mazzarri a Bologna.
Sempre sabato è andato in onda l’ennesima puntata dello psicodramma del Milan, sprofondato in una preoccupante immobilità. Con il pareggio interno con il Genoa, con Gilardino che risponde a Kakà e Balotelli che sbaglia un rigore, sono tre soli punti nelle ultime cinque partite, una media da retrocessione. E infatti il Milan non va così male dalla stagione 1981-82, quando poi finì in Serie B. Ma al di là della legittima contestazione dei tifosi, nessuno ha il coraggio, o la possibilità, di intervenire: non Barbara Berlusconi e Adriano Galliani, la cui lotta di potere ha segnato in negativo la stagione e il cui stallo attuale della loro partita a scacchi è ancor più dannoso. Non si muove neppure Allegri, che ha la panchina in scadenza (sempre rinviata a data da destinarsi da una società che lo usa come paravento) e intanto non ha il coraggio o la voglia di cambiare il modulo o i giocatori. E anche questi ultimi per paura di prendersi la colpa non fanno nulla, come bambini che stando fermi pensano di non essere visti.
Chi invece si muove in avanti, e supera il Milan in classifica, oltre al Parma vittorioso a Napoli sono l’Udinese e il Torino. E anche il Sassuolo, trascinato dalla beata gioventù di Zaza e Berardi che travolge l’Atalanta, adesso lo tallona da vicino: è dietro di un solo punto. L’Udinese di Guidolin ha la meglio, anche a livello del gioco espresso in campo, sulla distratta Fiorentina di Montella, reduce da quattro vittorie nelle ultime cinque partite. Mentre il Torino travolge il derelitto Catania e si riprende dalla lunga flessione (oltre due mesi) seguita all’ottimo inizio di campionato. E pensare che senza quell’ingiusto rigore in pieno recupero di Balotelli, adesso i punti di distacco del Toro sul Milan sarebbero ancora di più. Dall’altra parte, che i primi due gol granata siano nati da altrettanti regali del Catania, è sintomo che quest’anno per gli etnei sarà durissima. Per adesso condividono l’ultimo posto con il Chievo, che ha vinto in pieno recupero con il Verona in un derby scaligero che mancava da 11 anni. Il pareggio con l’Inter muove la classifica del Bologna che tiene a distanza al terzultimo posto la Sampdoria. Sul campo di Marassi invaso dai piccioni come fosse un film di Hitchcock, è sfortunatissimo l’esordio di Mihajlovic che vede la vittoria con la Lazio sfumare al 94’ per il pari di Cana. Il raggio di speranza blucerchiato è rappresentato dal gol del giovane Soriano, un nome che restituisce al calcio tutto il suo splendore letterario.
IL PERSONAGGIO
Uno splendido destro al volo per il gol che sblocca la partita, un’ostinata difesa in area della palla e un tocco che libera il compagno per il gol che la chiude. La Juventus vola, e Llorente è il suo profeta. Eppure, all’inizio non è così: Fernando Llorente arriva a parametro zero, non è considerato un top player, fatica a inserirsi nel 3-5-2 di Conte, lo stesso allenatore lo chiama spesso e volentieri L’Oriente, e va a finire che gioca poco. Addirittura contro il Copenhagen si scalda tutto il secondo tempo a bordocampo e poi entrano Giovinco e Quagliarella. E’ appena arrivato, e già autorevoli esperti lo ritengono non adatto al calcio italiano, altri scrivono che la Juve lo ha già rivenduto, un noto quotidiano sportivo torinese in prima pagina sulla sua foto arriva a titolare a nove colonne: “E’ solo bello?”. In un calcio che vive di eterno presente, la bocciatura è definitiva: Llorente è finito, ha perso, ha fallito. Poi il primo gol al Verona, l’ingresso in squadra in pianta stabile al posto dell’infortunato Vucinic, i due gol al Real Madrid, quello decisivo contro il Napoli, la prestazione maiuscola di ieri che riporta la Juve in vetta, ed ecco che improvvisamente si scopre il Llorente goleador, fenomeno, incedibile, top player. Finalmente, a 28 anni, un mondiale vinto e oltre 100 gol segnati in carriera, anche l’Italia si accorge che Fernando Llorente sarà anche bello, ma è pure un tantino bravo.
LA SPIGOLATURA
“This is the end”, lo scrive su Twitter, alle cinque di mattina e dopo una partita disastrosa. E non è neppure il giorno libero, che poi la squadra si riunisce poche ore dopo per preparare una trasferta decisiva per la Champions. This is the end, e le spiegazioni che arrivano in tarda mattinata dall’ufficio stampa del Milan convincono poco: era dedicato al suo amico lottatore Petrosyan – dicono – che ha perso un match a New York alle quattro di mattina. Nello stesso momento, siamo a mezzogiorno, ecco che sul suo profilo Twitter appare un tweet di dedica proprio a Petrosyan, pochi minuti dopo aver postato un laconico “Forza Milan comunque e sempre”, seguito poi da uno smile, il cui sorriso da però adito alle più diverse interpretazioni. This is the end. Perché dopo i sei mesi da sballo dell’anno scorso, dai voti fatti guadagnare a Berlusconi ai 12 gol in 13 partite che hanno lanciato il Milan verso il terzo posto, il campionato attuale di Mario Balotelli si sublima nella partita di sabato sera: nel rigore sbagliato che condanna il Milan, nel suo vagare svogliato per il campo, nei 17 palloni persi, nei 50 cross che non è riuscito a trasformare. This is the end, ma all’orizzonte non ci sono autobus blu e serpenti da cavalcare come quelli cantati da Jim Morrison, al massimo un pugno di dollari: quelli di un trasferimento caldeggiato da astuti procuratori.
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