Un arresto cardiaco in campo. Piermario Morosini, 26 anni centrocampista del Livorno, che crolla al trentunesimo minuto della partita contro il Pescara. Lo stadio “Adriatico” del capoluogo marchigiano impietrito. I soccorsi e poi la morte. Ma, forse, l’utilizzo del defibrillatore avrebbe concesso una speranza al giocatore. Per quella morte, avvenuta il 14 aprile del 2012, il gup del Tribunale di Pescara, Luca De Ninis, dovrà decidere se rinviare a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, i tre medici imputati: il medico sociale del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini e il medico del 118 allo stadio Vito Molfese. La richiesta è stata avanzata dal pm Valentina D’Agostino. La prima udienza si terrà il 20 febbraio 2014.

Stralciata in attesa di archiviazione, invece, la posizione del primario di cardiologia dell’ospedale di Pescara, Leonardo Paloscia, che quel giorno si trovava allo stadio come tifoso, e prestò cure a Morosini scendendo direttamente dagli spalti sul campo. Il 19 aprile scorso si era tenuto davanti al gip del Tribunale di Pescara, Maria Michela Di Fine, l’incidente probatorio per fare chiarezza sulla morte del calciatore. Secondo quanto emerso dalla relazione dei periti del giudice Vittorio Fineschi, Francesco Della Corte e Riccardo Cappato, i sanitari, a titolo diverso tra di loro, sarebbero responsabili dell’omesso uso del defibrillatore che “avrebbe dato qualche chance in più di sopravvivere” al giocatore.

Purtroppo, in alcuni casi, anche con il defibrillatore non si riesce a salvare una vita. Proprio ieri, un 14enne di Foiano della Chiana (Arezzo) è morto durante una partita di calcio giovanile (categoria Giovanissimi). Nonostante i soccorsi siano stati immediati e i medici abbiano cercato di salvarlo con il defibrillatore, per lui non c’è stato niente da fare.

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