Abito in un piccolo borgo di campagna. Non è ricco, tutt’altro, nei termini economici cui siano abituati. Ma è circondato da campi e boschi. Sabato, agli Stati Generali di Etinomia ho proposto a chi voleva – peraltro giustamente – approfittare del Sentiero dei Pellegrini alla Sagra di San Michele per creare impresa in valle, di posizionare anche dei pannelli conoscitivi sulle erbe lungo il percorso. Finito il convegno, ritornando a casa ho fatto il pieno di fiori di zucca, altrimenti non raccolti da nessuno. Del resto, chi è andato in Grecia questa estate narra di gente che muore di fame per le strade, ma anche di fichi dolcissimi che si spiaccicano a terra da alberi stracarichi. Ed anche qui in valle in questo periodo ci sono alberi i cui frutti nessuno raccoglie.

E’ vero c’è la crisi, ma non è ancora sufficiente perché noi ci accorgiamo di quanto sia sbagliato il nostro modo di vivere. Quanti sono quelli che non solo non conoscono le erbe spontanee, ma comprano l’insalata al supermercato e neppure quella sciolta, ma quella in sacchetti, con il risultato di spendere dal doppio a sette volte tanto? Non ci accorgiamo più di quanto la natura ci offre gratuitamente: ragioniamo solo con la logica imposta del mercato.

Certo, non possiamo improvvisamente, di punto in bianco, reinventarci uomini raccoglitori dopo migliaia di anni in cui facciamo altro, ma dobbiamo approfittare della crisi per entrare in un’ottica di cambiamento, di transizione da una forma mentis colonizzata dal mercato ad un’altra in cui entri di pieno diritto, con piena dignità, il concetto, la parola “gratuità”.

L’etimo stesso della parola crisi significa cambiamento. Cerchiamo di vedere positivo: lo stato attuale di malessere diffuso come una occasione per intraprendere il percorso di cambiamento verso un qualcos’altro che meno incida sulla Madre Terra. “Prepariamoci” come ci invita Luca Mercalli.

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