C’è un ponte, a Torino, che non ha ancora un nome. È il ponte di via Livorno, un lembo di cemento e ferro che attraversa il fiume Dora nel cuore postindustriale della città. Nel 2008 più di mille cittadini hanno sottoscritto una petizione perché il Comune lo intitoli al sociologo e giornalista torinese Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia a Valderice (Tp) nel 1988. Ma la loro richiesta è rimasta lettera morta. Per questo i familiari di Rostagno e Libera lanciano una campagna di mailbombing per fare pressione sulle istituzioni cittadine. 

Più a sud, a Trapani, c’è un processo dimenticato dai media che cerca di inchiodare gli assassini del giornalista ucciso. Al banco dei testimoni stanno sfilando ex terroristi, politici, forze dell’ordine e mafiosi, ognuno raccontando (o tacendo) il pezzo di una storia complessa, annegata in anni di depistaggi, complicità e silenzi. 
E poi c’è una famiglia, che da 25 anni aspetta giustizia. Ma mentre aspetta chiede che almeno la città di Torino faccia un gesto semplice e giusto, ricordando il suo concittadino Rostagno, per quel che ha fatto in vita e perché è stato assassinato. “È nato a Torino nel 1942.  E’ morto a Trapani per mano mafiosa nel 1988. Vorrei che la sua città di nascita si ricordasse di lui. Qui a Torino tutto è iniziato. Qui vive oggi tutta la sua famiglia, anche suo nipote Pietro che non ha mai conosciuto”, è l’incipit della mail che Chicca Roveri, compagna di Rostagno, e la figlia Maddalena chiedono di inviare agli indirizzi delle istituzioni torinesi. Un bombardamento di mail da parte dei cittadini che impedisca alle stanze della politica di tacere ancora. Il testo della mail da copiare e gli indirizzi a cui inviarla sono disponibili sulla pagina Facebook dedicata al processo Rostagno e sul sito di Libera Piemonte.

Dal 2012, quando la richiesta è stata discussa in commissione toponomastica, sulla vicenda è calato il sipario. Dopo quella riunione la proposta è stata rinviata tra mille polemiche, con la presidentessa della circoscrizione 5, Paola Bragantini, ex segretaria provinciale e oggi parlamentare Pd, che si dichiarava contraria all’intitolazione perché – diceva – avrebbe preferito “un’alta figura istituzionale”. E il Pdl che si opponeva alla scelta per la particolarità della figura di Rostagno, uomo fuori dagli schemi, ritenuto “controverso” per il suo passato sessantottino e in Lotta Continua (vero) e perché ritenuto implicato in fatti di sangue (falso). Da allora più nulla.

Lo scorso 26 settembre, nel giorno del 25esimo anniversario dell’assassinio, l’associazione Libera ha deciso di non aspettare oltre e ha simbolicamente intitolato il ponte al giornalista ucciso. “Un gesto per sollecitare l’amministrazione torinese a dedicare un luogo ad un suo concittadino, come richiesto da oltre 1000 cittadini”. Poi di nuovo il silenzio. Per questo oggi è partito il mailbombing, a cui hanno già aderito il deputato Sel Claudio Fava e la consigliera Rai Benedetta Tobagi.

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