Per gli operai veterani, quelli che hanno vissuto i tempi d’oro dello stabilimento storico della Maserati, immaginare una Modena senza il tridente è quasi impossibile. Eppure, il futuro che si prospetta per la fabbrica che sorge all’ombra della Ghirlandina, da tempo sotto gli effetti di una cura, quella di Sergio Marchionne, che non accenna a potenziare la produttività là dove il colosso automobilistico del gruppo Fiat è nato, “somiglia sempre a una morte lenta”. Le ultime novità provenienti dai vertici dell’azienda, del resto, “sono preoccupanti”, spiega la Fiom Cgil, “soprattutto se si pensa alla condizione dei 600 lavoratori coinvolti”. Se, infatti, i nuovi Suv Maserati non saranno più prodotti a Detroit, come nel 2012 l’amministratore delegato del colosso automobilistico italiano aveva annunciato, non saranno costruiti nemmeno nella città dove quel tridente è nato ed è diventato famoso. La nuova linea, che uscirà nel 2015, sarà prodotta a Torino, a Mirafiori, e se si considera che la Quattroporte e la Ghibli sono già state affidate alle mani esperte degli operai dello stabilimento piemontese di Grugliasco, “il timore che sorge spontaneo è che sia già in atto un lento abbandono del polo produttivo di Modena”. Il primo nato, quello costruito nel lontano 1937, quando l’azienda venne ceduta alla famiglia dell’imprenditore italiano Adolfo Orsi. E che oggi rappresenta “un patrimonio per la città” e un’eccellenza che ha da sempre contraddistinto uno dei più grandi prodotti italiani di tutti i tempi.

“Il marchio – spiega Fernando Siena, responsabile del gruppo Fiat per la Fiom Cgil di Modena –  è un patrimonio della città, di un territorio non a caso denominato ‘terra dei motori’, ed è necessario che si faccia chiarezza, perché ci sono in gioco più di 600 posti di lavoro”. L’appello è stato raccolto e rilanciato anche dalla Regione. Il consigliere regionale Andrea Leoni ha presentato in aula un’interrogazione alla giunta guidata dal presidente Vasco Errani per chiedere un “confronto” con i vertici Fiat, “al fine di verificare in modo chiaro il destino, non solo a breve, ma a lungo periodo dello stabilimento Maserati, e degli attuali livelli occupazionali”. Il timore è che “le scelte dell’azienda” si tramutino “nel segnale di un depauperamento non solo della città di Modena, ma dell’eccellenza” automobilistica che il tridente rappresenta per il Bel Paese. Insomma, che la cura Marchionne si riveli inefficace, soprattutto nel lungo periodo.

“Purtroppo non abbiamo mai avuto grandi speranze rispetto alla produzione del Suv – ha continuato Siena – nel 2012 Marchionne aveva detto di volerlo costruire nel sito produttivo Jefferson North di Detroit, e oggi invece ci comunica che sarà prodotto a Mirafiori. Da un lato è una buona notizia, almeno per i colleghi piemontesi, anche se è ovvio che un solo modello non sarà in grado di far lavorare a pieno ritmo lo stabilimento. Ed è un bene che Grugliasco abbia ricevuto l’incarico relativo alla Quattroporte e alla Ghibli visto che gli operai vengono da una lunga cassa integrazione. Ma per Modena le prospettive si fanno sempre più allarmanti: qui non si parla solo del Suv, ma del fatto che Marchionne sembra intenzionato a spostare un intero polo in provincia di Torino, quello che produce le auto di lusso”.

Lasciando alla fabbrica di via Ciro Menotti, già privata l’anno scorso di 30 lavoratori, “uno spostamento che doveva essere temporaneo e che invece abbiamo saputo definitivo, altro pessimo segnale”, solo modelli “che stanno già esaurendo il proprio ciclo di vita”: come la GranCabrio, sul mercato da quattro anni, o la Gran Turismo, prodotta nel 2007. “Auto che presto non saranno più vendute – continua Siena – cosa succederà dopo?”. E’ questo ciò che si chiedono gli oltre 630 operai che oggi lavorano nel grande stabilimento emiliano romagnolo, il primo colpo d’occhio per chi si reca a Modena e vede l’edificio moderno con le ampie vetrate sormontate dallo storico tridente rosso, ispirato alla fontana del Nettuno di Bologna. “Oggi le risposte evasive della Fiat non ci bastano più, chiediamo un piano industriale chiaro. Perché non possiamo credere che un colosso automobilistico che comprende le eccellenze italiane Maserati e Ferrari, viaggi di giorno in giorno, senza sapere cosa intende fare nel triennio 2014 – 2016. Sono previsti modelli che sostituiranno quelli giunti a fine ciclo?”. Per ora si è parlato solo della nuova Alfa 4C, “ma non è abbastanza”. Una sola auto non è sufficiente a “saturare la capacità produttiva di uno stabilimento di quelle dimensioni”.

“La Fiat procede con la sua tipica arroganza – attacca anche Andrea Defranceschi, consigliere regionale a 5 Stelle – per noi è chiaro che non ci sia alcuna intenzione, da parte dell’azienda, di puntare sulla produttività qui in Emilia Romagna, anzi, questa dismissione fa parte di un calcolo strategico inteso a cessare la produzione nello stabilimento. Purtroppo, a partire da Marchionne, il gruppo ha sempre fatto ciò che voleva coadiuvato da uno Stato che gli ha concesso ogni libertà, continuando a finanziarlo. Misteriosamente l’assessore alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli in passato non ha mostrato particolare interesse per la vicenda, se non attraverso un paio di lettere inviate alla Fiat e rimaste senza risposta. Ma ora speriamo che torni alla carica e che si organizzi un incontro con l’azienda: in gioco c’è il futuro di tanti lavoratori e di un simbolo storico della nostra terra”.

Articolo Precedente

Bologna, muore uomo positivo al virus West Nile

next
Articolo Successivo

Messico, l’ennesima guerra dimenticata

next