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Cina, funzionario accusato di corruzione muore annegato durante interrogatorio

La campagna di epurazioni lanciata da Pechino fa la sua prima vittima. Yu Qiyi, ingegnere capo di una fabbrica di Stato, sarebbe stato ucciso dagli agenti che lo avevano in custodia. Intanto il Partito comunista espelle altri due esponenti per "serie violazioni alla disciplina"
Cina, funzionario accusato di corruzione muore annegato durante interrogatorio
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Morto annegato durante un interrogatorio, probabilmente dopo avere subito altre torture. Yu Qiyi era un funzionario del Partito Comunista cinese arrestato nell’ambito della vasta campagna che Pechino ha intrapreso contro la corruzione. Saranno sottoposti a processo i sei agenti che avevano in custodia la vittima. Intanto altri due alti funzionari sono stati arrestati con l’accusa di “serie violazioni alla disciplina”.

Ingegnere capo di una fabbrica di Stato a Wenzhou, Yu Qiyi era stato arrestato ai primi di marzo ed è morto all’alba del 9 aprile. Archiviato inizialmente come un incidente, a distanza di cinque mesi il quotidiano statale Beijing Times ha pubblicato le foto del corpo martoriato. Secondo il rapporto della procura, per estorcergli una confessione gli agenti lo avrebbero costretto più volte a tenere la testa sott’acqua in una vasca gelata. Fino all’annegamento. “Yu Qiyi era un uomo forte prima dello shuanggui (la procedura disciplinare durante la quale si cerca di ottenere una confessione, ndr), ma era molto magro quando è morto” denuncia la moglie, Wu Qian, sul quotidiano. “Aveva diverse ferite interne ed esterne dopo 38 giorni di detenzione. Oltre all’annegamento denunciato dalla procura deve essere stato torturato in altro modo“.

Nel frattempo continua la campagna di epurazioni di funzionari ritenuti corrotti. Due mesi fa, Liu Zhijun, ex potentissimo ministro delle ferrovie, è stato condannato a morte con l’accusa di avere intascato tangenti equivalenti a 8 milioni di euro. Bo Xilai, astro nascente della politica cinese, è ancora sotto processo per abuso di potere, corruzione e appropriazione indebita. Lunedì è stato espulso dal partito Jiang Jiemin, capo della Sasac (State-owned Asset Supervision and Administration Commission), che controlla la gestione dei beni statali. Le ultime vittime della repressione di Pechino sono stati messi sotto inchiesta per “serie violazioni di disciplina”, la formula usata per intendere la corruzione. Il primo a cadere, secondo quanto riferisce il neonato sito della Commissione centrale del partito per l’ispezione e la disciplina, è stato Wang Suyi, ex alto funzionario della provincia autonoma della Mongolia interna. Secondo le prime indagini, Wang avrebbe accettato tangenti e regalie per sé e i suoi familiari. Nella rete dell’anticorruzione è caduto poi Li Daqiu, ex vice presidente del comitato del Guangxi della Conferenza Politico-Consultiva ed ex capo del sindacato provinciale.

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