Alla necessità di stabilità “non c’è alternativa” ma “questo governo non ha la presunzione di durare per sempre”. A dirlo è il presidente del Consiglio, Enrico Letta, che, presentando la relazione sui primi cento giorni del suo esecutivo, rivendica i meriti del lavoro fin qui svolto, e le condizioni che hanno determinato e tengono in piedi il suo governo delle ‘larghe intese’: “Vent’anni di confronto durissimo e muscolare lasciano segni e ferite – scrive Letta – Ma i provvedimenti e il lavoro paziente e incisivo delle Camere dimostrano che è possibile lavorare per l’Italia pensando al futuro. Senza lasciarsi spaventare dall’ossessione del consenso immediato, dalla consultazione compulsiva delle rispettive dichiarazioni, dal rischio che il proprio elettorato – o la propria ‘base’ – non capisca il senso delle larghe intese”.

Il bilancio di questi primi cento giorni, secondo il capo del governo, è comunque positivo: “segnali ci sono tutti e indicano che siamo a un passo dal possibile. A un passo, cioè, dall’inversione di rotta e dall’uscita dalla crisi più drammatica e buia che le attuali generazioni abbiano mai vissuto. Il nostro impegno, a partire da oggi, è quello di cogliere fino in fondo questi segnali positivi, di mettercela davvero tutta affinché il possibile diventi realtà, di proseguire nel percorso tracciato in questi primi 100 giorni. L’Italia può farcela”. Parole che confermano ciò che già avevano detto nei giorni scorsi fonti del ministero dell’Economia, ma che stridono a petto della prosecuzione della recessione fotografata dall’Istat, visto che si tratta dell’ottavo trimestre del Pil in negativo.

Secondo il presidente del Consiglio “gli italiani capiscono. Capiscono che non c’è alternativa. Non a questo governo, ma alla necessità, per una volta, di mettere da parte le contrapposizioni e le viscere per avere stabilità e far sì che la politica torni ad essere quello che è per definizione: la cura della cosa pubblica, dell’interesse generale, del bene della comunità”. Ma il presidente del consiglio ribadisce anche la natura d’emergenza del suo governo: “Questa esperienza, e chi la rappresenta, non ha la presunzione di durare per sempre o di ergersi a modello. Ha l’ambizione e il dovere, quelli sì, di servire il Paese contribuendo a rizollare un campo da gioco altrimenti impraticabile, di rispondere alla crisi con tanti atti concreti, tangibili e di buon senso, di dimostrare all’Europa e al mondo che ce la possiamo fare”.

Il sito del governo presenta 12 capitoli in cui si fa un riassunto dell’attività dell’esecutivo, l’ultimo dei quali è l’elenco dei viaggi compiuti dal presidente del Consiglio in questi mesi. C’è, per esempio, la parte riservata alla “credibilità“: “Nessuno, ripeto nessuno, può sentirsi esentato dal dovere dell’autorevolezza – sono le parole di Letta pronunciate del discorso di insediamento e riportato all’inizio della pagina – Nessuno può considerarsi fino in fondo assolto dall’accusa di aver contaminato il confronto pubblico con gesti, parole, opere o omissioni. Su questo fondo la riduzione dei costi della politica diventa un dovere di credibilità. Siamo tutti coinvolti”. Le prove a carico, secondo il governo, sono la cancellazione dell’indennità aggiuntiva che spetta ai parlamentari che diventano ministri, ma anche il disegno di legge per l’abolizione del finanziamento pubblico, la regolamentazione dei voli di Stato, le nuove normative di trasparenza (per la pubblicazione della situazione patrimoniale dei componenti del governo). Molto impegno, mentre per un mese intero i tre ministri più importanti del governo (Interni, Esteri e Giustizia) si sono ritrovati a gestire – in modo a detta di quasi tutti a dir poco controverso – il caso di Anna Shalabayeva, che ha comportato non poco imbarazzo, visto che dalle ricostruzioni della stessa polizia è emerso che i diplomatici del Kazakistan in Italia che in più occasioni sono riusciti a vedere esaudite le proprie richieste dalle forze dell’ordine italiane. 

Poi il capitolo “Istituzioni“. Vale a dire le riforme costituzionali, il cui iter – si trova scritto sul sito del governo – è stato avviato dal consiglio dei ministri. “Il costo delle non riforme – si legge – dopo vent’anni di false partenze, buone intenzioni, docce fredde, è divenuto ormai insostenibile”. Un percorso che vede già un movimento di opposizione tra i cittadini – guidato anche da autorevoli personalità come Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare – e che non coinvolge per niente le opposizioni, come di solito accade in questi casi. Sulla casa il governo “vanta”, si fa per dire, della sospensione del pagamento dell’Imu riannunciando una rimodulazione dell’imposta. Poi il “lavoro“: oltre a ricordare di aver rinnovato i finanziamenti per la cassaintegrazione, il testo del sito dell’esecutivo spiega che il 26 giugno finalmente ha approvato il “pacchetto lavoro”. Nel frattempo la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 39%.

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