Si è chiuso con un rosso di 1,047 miliardi di euro il semestre di Telecom Italia su cui hanno pesato le svalutazioni degli avviamenti delle attività domestiche per complessivi 2,2 miliardi. Il dato è in linea con le indiscrezioni pubblicate mercoledì dal Messaggero del gruppo Caltagirone, in seguito alle quali è venuta a galla un’inchiesta insider trading a carico del consigliere di amministrazione vicino a Intesa Sanpaolo, Elio Catania, già ad delle Ferrovie dello Stato.

In seguito ai risultati, il gruppo di telecomunicazioni in forte sofferenza per l’immane debito ereditato dalle acquisizioni a debito del passato – 28,813 miliardi di euro il dato al 30 giugno, in aumento di 500 milioni rispetto a fine 2012 – ha rivisto al ribasso la previsione sul margine operativo lordo organico di gruppo. Sono invece confermati gli obiettivi di ricavi organici consolidati stabili e soprattutto, di indebitamento netto rettificato inferiore a 27 miliardi di euro.

In particolare il direttore finanziario Piergiorgio Peluso anticipa una serie di misure aggiuntive per arrivare all’obiettivo sul debito. “L’Italia contribuirà per 450 milioni di euro, il Brasile per 280 milioni e l’Argentina per altri 80 milioni di euro”, ha detto citando alcune operazioni straordinarie incluse “la valorizzazione del patrimonio immobiliare con la vendita di alcuni immobili di lusso, Ti Media – ricorda Peluso – resta un asset non strategico disponibile alla vendita e infine continua il piano di efficientamento, con accordi per la condivisione della rete mobile”.

La società, intanto, punta dritta verso la separazione della rete telefonica dal resto del gruppo con la conseguente cessione di una parte dell’asset a nuovi investitori, a partire dal gruppo pubblico che gestisce i risparmi psotali degli italiani, la Cassa Depositi e Prestiti. “Sul progetto di scorporo della rete di accesso, confermiamo la nostra volontà di procedere celermente”, ha confermato il presidente di Telecom Franco Bernabè .

Quanto ai rapporti con gli azionisti e, in particolare, con Intesa e Mediobanca subentrate insieme a Generali e Telefonica alla gestione  Tronchetti Provera, Bernabè minizza le tensioni seguite al taglio dei dividendi e tira dritto per la sua strada. ”Penso non ci sarà nessuna sorpresa”, ha detto agli analisti che hanno chiesto il suo parere sulla struttura dell’azionariato e in particolare su Telco il cui patto è in scadenza. Sul dividendo Bernabè ha precisato che “è presto per parlarne ma non prevediamo ora una revisione. Non abbiamo nessuna ragione per farlo”.

E se mai ci fosse stato bisogno di maggior chiarezza, ha aggiunto: ”la nostra politica dei dividendi non è collegata alle esigenze di Telco (cioè delle banche, ndr) non posso fare commenti sulle decisioni di Telco o dei singoli azionisti. Quello che posso dire è che, visto si tratta di istituzioni finanziarie molto grandi, qualsiasi siano le loro decisioni, saranno decisioni razionali e ordinatema penso che qualunque decisione sarà razionale e corretta”.

Quanto alle ipotesi di ricapitalizzazione, per Bernabè “prefigurare qualsiasi scenario catastroficoè completamente fuori ambito. Non stiamo più ad aspettare per non disturbare i nostri concorrenti. Credo che torneremo presto alla normalità”. Smentita anche la cessione delle attività in Brasile per raggiungere l’obiettivo di mantenere un rating stabile.

A tal proposito secondo il cda del gruppo che è stato interpellato in tal senso dalla Consob, un declassamento di un gradino “avrebbe un impatto finanziario non significativo, pari a circa 11 milioni di euro in termini di maggiori oneri finanziari annui, in relazione ai finanziamenti bancari che prevedono meccanismi di adeguamento automatico del costo della provvista al livello di rating”.

“Gli impatti derivanti da un eventuale downgrade sui futuri rifinanziamenti, sui costi ad essi collegati e sul processo di valutazione dell’avviamento non sono al momento stimabili – aggiunge per la nota che ha accompagnato i conti -. L’aumentata rischiosità per le nostre controparti finanziarie che deriverebbe da un eventuale downgrade del merito di credito di Telecom Italia potrebbe comportare un incremento di costi connesso alla gestione del portafoglio di derivati di copertura del gruppo, costi che non sono anch’essi stimabili al momento”.

Stimabilissimi, invece, gli oneri legati alla decisione dell’Agcom di ridurre le tariffe d’accesso alla rete in rame e la multa comminata dall’Antitrust che hanno un impatto di 200 milioni di euro su Telecom che ha una liquidità pari a 12,8miliardi, sufficiente a far fronte alle necessità finanziarie per i prossimi 18-24 mesi.

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