E’ stato di cento milioni di euro – euro in più, euro in meno – il costo complessivo dell’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni nel 2012 ed è andata bene, perché si sono addirittura risparmiati oltre dieci milioni di euro rispetto alle previsioni.
Sono numeri importanti – difficile dire se eccessivi, congrui o ragionevoli rispetto alle tante e rilevanti funzioni svolte dall’Authority oggi presieduta da Angelo Marcello Cardani –  quelli che emergono dal rendiconto finanziario relativo all’esercizio 2012, pubblicato nei giorni scorsi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Quasi quattro milioni di euro tra compensi, oneri previdenziali e fiscali a carico dell’Autorità è quanto si è speso per il Presidente ed i quattro consiglieri, nel corso dello scorso esercizio mentre è di oltre cinquanta milioni di euro – la voce di costo evidentemente più alta – il costo complessivo dei dirigenti, funzionari e dipendenti dell’Authority.
Fanno riflettere, però, soprattutto i quasi quindici milioni di euro – sette milioni solo di canone di locazione – per le spese logistico-operative.
Quindici milioni di euro, nei quali, balzano agli occhi i centossenzatamila spesi per l’acquisto di giornali e periodici e per la pubblicazione di comunicazioni ed avvisi a pagamento, il milione di euro tondo tondo, in energia elettrica, o gli ottocentomila euro andati ai servizi di portierato.
Spese imponenti, probabilmente, in buona parte dovute alla circostanza che l’Authority continua ad avere due sedi distinte e distanti, una a Napoli e l’altra a Roma, curioso esempio di decentramento amministrativo. Forse, in epoca di spending review, varrebbe la pena interrogarsi sull’opportunità di concentrare gli uffici dell’Autorità in un’unica sede.
Lascia senza parole – sebbene sia poca cosa rispetto al bilancio complessivo dell’Autorità – la cifra complessiva spesa per la gestione del c.d. ROC, il Registro degli operatori di comunicazione, una sorta di anagrafe dei soggetti che svolgono attività di impresa nei settori che rientrano nell’area di azione dell’Authority. Possibile che nell’era di Internet, del cloud computing e del digitale, la gestione di un database – peraltro poco o nulla consultato – debba costare così tanto?
Quelli che emergono dal rendiconto appena pubblicato dall’Autorità sono numeri – certamente tutti giustificati o giustificabili – che fanno riflettere specie alla vigilia dell’incremento che l’attività dell’Authority dovrebbe subire a partire dall’inizio del prossimo anno quando Agcom si ritroverà a gestire l’imponente contenzioso in materia di diritto d’autore online in forza del nuovo regolamento. Che succederà a quel punto? Quanto costerà garantire maggiore tutela ai titolari dei diritti d’autore? Ma, soprattutto, chi pagherà?
All’estero, in Francia ad esempio, proprio i costi straordinariamente elevati – oltre undici milioni di euro all’anno -, stanno portando al prematuro spegnimento della Hadopi, l’Alta autorità voluta dall’ex Presidente Sarkozy per combattere la pirateria online.
In Inghilterra, l’Ofcom – Autorità omologa dell’Agcom – nel mettere a punto la nuova disciplina sulla tutela del diritto d’autore online ha già annunciato che il 75% dei costi dell’enforcement dovranno pagarlo proprio i titolari dei diritti d’autore.
E in Italia? Sorprendere rilevare che nella bozza del nuovo regolamento sulla tutela del diritto d’autore online pubblicato nei giorni scorsi dall’Agcom, non ci sia neppure una disposizione che affronta il problema dei costi di gestione dei procedimenti.
L’Autorità è convinta di farcela senza nessun aggravio dei costi di esercizio o il problema è stato, per ora, accantonato nella speranza che l’estate porti consiglio?
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